← Indietro

La revoca del finanziamento di un'opera pubblica non genera un debito fuori bilancio

La Corte dei Conti Basilicata, con parere n. 131/2024, ha risposto a quesito in riferimento alla situazione finanziaria conseguente a revoca di finanziamento per lavori pubblici. In particolare, il quesito si è articolato nei seguenti punti:

“Nel caso di opera totalmente eterofinanziata, i cui lavori siano stati realizzati in virtù di un impegno di spesa regolarmente assunto ab origine e successivamente liquidati e pagati, laddove il relativo finanziamento sia stato oggetto di revoca per intervenuta decadenza dal beneficio e successivo recupero in compensazione a valere su altri finanziamenti concessi al medesimo Ente dallo stesso Soggetto erogatore del predetto finanziamento, le spese derivanti dalla esecuzione di citati lavori possono costituire oggetto di riconoscimento di debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 del TUEL?”.

L’istanza è diretta a conoscere, altresì, se, “Nel caso sia ammissibile il riconoscimento del debito fuori bilancio, lo stesso deve includere solo la quota capitale o può costituire oggetto di riconoscimento l’intero importo trattenuto in compensazione, comprensivo anche degli interessi legali, degli interessi di mora e dell’eventuale somma comminata a titolo di sanzione, fatto salvo il successivo recupero nei confronti del soggetto o dei soggetti in capo ai quali venga accertata la sussistenza dell’eventuale responsabilità amministrativo contabile?”

Il terzo quesito posto mira, infine, a sapere, “Ove la fattispecie non sia riconducibile nell’alveo dei debiti fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 TUEL, qual è l’istituto giuridico attraverso il quale ricondurre a legittimità la spesa sostenuta?”.

La Sezione ha rilevato quanto segue:

I debiti fuori bilancio trovano il loro fondamento in obbligazioni giuridicamente valide dal punto di vista civilistico, anche se contratte in assenza della necessaria assunzione dell’impegno di spesa. Il legislatore, onde evitare l’insorgenza di situazioni debitorie non assistite dai relativi impegni, ne ha previsto il riconoscimento limitatamente ad alcune fattispecie indicate nel suddetto art. 194, caratterizzate dalla mancanza di impegno all’interno del ciclo ordinario del bilancio.

Le c.d. passività pregresse trovano, invece, il loro presupposto negli articoli 191 e 193 del TUEL: trattasi di spese che, a differenze dei debiti fuori bilancio, si collocano all’interno di un ordinario procedimento di spesa. In proposito, si richiama la definizione che ne è stata data dalla Sezione controllo per la Lombardia nella deliberazione n. 175/2023/PAR del 14 settembre 2023: “Si tratta […] di spese per le quali l’Amministrazione comunale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da idonea copertura ex art. 191 TUEL, che può rilevare come insufficienza dell’impegno contabile. Ponendosi, quindi, all’interno di una regolare procedura di spesa, la passività pregressa esula dalla fenomenologia del debito fuori bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. Lo strumento procedimentale, in casi come questi, è costituito di fatto dalla procedura ordinaria di spesa disciplinata dall’art. 191 TUEL, accompagnata dalla eventuale variazione di bilancio finalizzata al reperimento delle risorse ove queste risultino insufficienti (art. 193 TUEL)”.

Alla luce delle svolte premesse descrittive degli istituti contabili sopra richiamati, e sulla base di quanto rappresentato dall’ente nella richiesta di parere, questa Sezione ritiene che la fattispecie sottoposta al vaglio consultivo non sia riconducibile al tipo normativo dei debiti fuori bilancio, ma sia inquadrabile nell’alveo delle ordinarie attività di gestione del bilancio, anche sussumibili nell’archetipo normativo delle passività pregresse (art. 191 Tuel cit.). Sarà onere, poi, dell’ente, nell’ambito della propria discrezionalità amministrativa e gestoria, individuare la soluzione contabile idonea ad assicurare regolare copertura della spesa, tenendo presenti le differenti fonti gius-contabili per la quota capitale, da un lato, e gli interessi legali, gli interessi di mora e l’eventuale somma comminata a titolo di sanzione, dall’altro.

Il principio che se ne può ricavare è che la successiva emersione della non finanziabilità di un intervento comporta il venir meno dell’accertamento della corrispondente entrata e, quindi, del finanziamento che assicurava la copertura finanziaria della spesa nel frattempo sostenuta, così determinando una situazione di squilibrio nei conti dell’ente. Al fine di ovviare a tale squilibrio sarà necessario prevedere in bilancio, in sostituzione della entrata non più riconosciuta, una diversa entrata idonea ad assicurare la copertura della spesa in questione.