La legittimità delle sottoclassi tariffarie TARI per le attività industriali soggette ad AIA
Il Consiglio di Stato si è recentemente pronunciato, attraverso la sentenza del 3 gennaio 2024, n. 91, in merito alla legittimità di istituire una sottoclasse tariffaria che riguardi direttamente le attività industriali soggette ad autorizzazione integrata ambientale (“AIA”).
La vicenda aveva ad oggetto l’impugnazione, da parte di una società operante nel ramo della zincatura e dotata della suesposta autorizzazione, di due delibere consiliari mediante le quali l’ente locale aveva previsto, all’interno della classe n. 14 relativa alle attività industriali con capannoni di produzione, la già menzionata sottoclasse, in cui la società medesima veniva annoverata, con un incremento del coefficiente “in misura sei volte superiore rispetto a quello riguardante la parte fissa della TARI”.
Costituiva precipuo motivo di impugnazione la circostanza secondo cui, per la società ricorrente, l’istituzione di una categoria non prevista dalla legge determinasse, nell’applicazione del tributo, un aumento “sproporzionato ed ingiustificato a suo carico per il solo fatto di esercitare un’attività munita di AIA”, con notevole disparità di trattamento rispetto ad altri insediamenti produttivi.
Orbene, il giudice amministrativo di primo grado respingeva il ricorso riconoscendo la facoltà dell’amministrazione locale di introdurre una o più sottocategorie e di decidere, pertanto, come esercitare i propri poteri di politica tariffaria, in conformità dei criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, oltreché del comunitario principio per cui “chi inquina paga”.
Il Consiglio di Stato a cui la società presentava ricorso in appello, da un lato segnalava come l’ente locale, nel caso di società soggetta ad AIA, attraverso l’istituzione di una sottoclasse appositamente dedicata, intendesse ritenere imponibili le sole aree destinate ad un uso diverso da quello produttivo (quali uffici, mensa e casa del custode), con la conseguente applicazione di una tariffa specifica che considerasse l'effettivo potenziale di produzione rifiuti di tali superfici; dall’altro decideva nel senso dell’ammissibilità del ricorso, in considerazione del fatto che l’art. 1, comma 649, della Legge del 27 dicembre 2013, n. 147, prevede espressamente che “nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori”.
L'organo di giustizia amministrativa di secondo grado proseguiva, quindi, affermando come l’istituzione della sottocategoria non poggiasse su motivazioni sufficientemente valide e tali da giustificare una più pesante imposizione tributaria in materia di rifiuti solidi urbani, determinando una effettiva situazione di disparità che, in presenza di rifiuti della stessa tipologia di quelli prodotti da altre attività sprovviste di AIA, non può pertanto fondarsi sul solo possesso di quest’ultima. Situazione di disparità che, peraltro, si porrebbe in palese contrasto con i principi sopra accennati, giacché, secondo la sentenza in esame, “la discrezionalità dell'ente territoriale nell'assumere le determinazioni in materia ha natura eminentemente tecnica, non ‘politica’ e come tale, onde evitare incongruenze o disparità, deve rispettare il fondamentale e immanente principio di proporzionalità e di adeguatezza”, che costituiscono dunque i limiti interni al corretto esercizio dell’azione pubblica e del potere impositivo.
Il Consiglio di Stato, così, in accoglimento del ricorso proposto dalla società, decideva annullando la delibera di previsione della sottocategoria e della relativa tariffa.