La legittimazione della notifica in caso di trasferimento del domicilio fiscale
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 21953 del 12 luglio 2022, ha chiarito che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 60, lett. c), d.P.R. 600/1973 e dell’art. 35, comma 3, d.P.R. 633/1972, la notificazione dell’avviso presupposto alla cartella di pagamento, in caso di trasferimento del domicilio fiscale della società, deve essere effettuata, nel nuovo domicilio fiscale del destinatario, trascorso il sessantesimo giorno di cui al secondo periodo del terzo comma dell'art. 35 d.P.R. n. 633 del 1972, e che la stessa deve considerarsi valida anche se effettuata altrove, solo qualora la consegna avvenga «in mani proprie», ossia nelle mani del legale rappresentante della società ovvero di un suo delegato o comunque di un soggetto preposto alla ricezione.
L’art. 60, lett. c) d.P.R. 600/1973, prescrive: “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguiti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche: [...] c) salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario; [...]”.
L’art. 35, comma 3, d.P.R. 633/1972, invece, stabilisce: “In caso di variazione di alcuno degli elementi di cui al comma 2 o di cessazione dell'attività, il contribuente deve entro trenta giorni farne dichiarazione ad uno degli uffici indicati dal comma 1, utilizzando modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Se la variazione comporta il trasferimento del domicilio fiscale essa ha effetto dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui si è verificata. In caso di fusione, scissione, conferimenti di aziende o di altre trasformazioni sostanziali che comportano l'estinzione del soggetto d'imposta, la dichiarazione è presentata unicamente dal soggetto risultante dalla trasformazione”.
La Corte con la decisione sopra richiamata ha, infatti, affermato: “... ai fini della valutazione in ordine alla legittimità della notificazione dell'avviso, quale atto presupposto della cartella oggetto di giudizio, deve aversi riguardo alla lett. c) del primo comma dell'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, da coordinarsi con il terzo comma dell'art. 35 d.P.R. n. 633 del 1972. La prima disposizione prevede, in generale, che, quanto alle notificazioni degli atti tributari, si applicano bensì gli artt. 137 ss. cod. proc. civ., ma, «salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario». La seconda disposizione prevede, in particolare, che, «in caso di variazione di alcuno degli elementi [soggetti a comunicazione] o di cessazione dell'attività, il contribuente deve entro trenta giorni farne dichiarazione ad uno degli uffici indicati dal comma 1» (primo periodo), soggiungendo che, «se la variazione comporta il trasferimento del domicilio fiscale [,] essa ha effetto dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui si è verificata» (secondo periodo). Da quanto precede discende che, in caso di trasferimento del domicilio fiscale, a misura che sia intervenuta la prescritta dichiarazione, trascorso il sessantesimo giorno di cui al secondo periodo del terzo comma dell'art. 35 d.P.R. n. 633 del 1972, la notificazione deve essere effettuata - in ossequio alla lett. c) del primo comma dell'art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, nel nuovo domicilio fiscale del destinatario, potendo bensì (come -sostiene la ricorrente) essere effettuata anche altrove, tuttavia soltanto qualora la consegna avvenga «in mani proprie», ossia nelle mani del legale rappresentante dell'ente ovvero di un suo delegato o comunque di un soggetto preposto alla ricezione. In tal senso depone la giurisprudenza di questa Suprema Corte, allorquando, nell'affermare che «la notifica dell'avviso di accertamento al legale rappresentante della società è valida anche se eseguita in un comune diverso da quello del domicilio fiscale della società stessa», ne spiega le ragioni rilevando che «la limitazione territoriale di cui all'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui la notifica degli atti tributari va effettuata nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, non è posta a garanzia di quest'ultimo, ma a tutela dell'operatività dell'Ufficio, il quale, di conseguenza, ha la facoltà, ma non l'obbligo di avvalersi di tale disciplina e può sempre svolgere ulteriori ricerche rispetto al domicilio fiscale della società al fine di seguire procedure di notifica più garantiste» [Sez. 5, n. 23277 del 23/10/2020 (Rv. 659086-01)]. [...] Il caso odiernamente sottoposto alla cognizione del Collegio è invece diverso, poiché il consegnatario del piego è il portiere dello stabile e non un preposto o un addetto dell'ente incaricato al ritiro. L'essere detto portiere - come attestato dall'ufficiale postale - «autorizzato alla ricezione degli atti» vale ad indicare che egli era autorizzato a ricevere gli atti per conto di coloro che risiedevano, o domiciliavano, o semplicemente stavano, nello stabile, ma, agli specifici effetti della validità della notificazione "garantita" in luogo diverso dal domicilio fiscale, ai sensi della lett. c) del primo comma dell'art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, da un lato, non realizza il presupposto di un collegamento "qualificato" con l'ente, in forza del quale ritenere che questo abbia ricevuto la notificazione «in mani proprie», e, dall'altro lato, in difetto di ulteriori emergenze, che è onere del notificante introdurre [cfr., in tema di notificazione ex art. 145 cod. proc. civ., Sez. 6-5, n. 21699 del 19/09/2017 (Rv. 645675- 01)1, non rende neppure conto della permanenza della sede effettiva nel precedente indirizzo”.
Per queste ragioni la Suprema Corte ha affermato che nel caso di specie la notificazione dell'avviso di accertamento alla società Controricorrente, per poter essere ritenuta legittima, avrebbe dovuto essere effettuata nel nuovo domicilio fiscale della medesima, di cui l'Agenzia delle entrate aveva piena contezza, per aver la prima effettuato la dovuta dichiarazione, cui era seguito il termine dilatorio prescritto ai fini dell'acquisizione di efficacia della stessa.