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Con la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 32216 dello scorso 21 novembre, è stato confermato il principio di diritto secondo il quale le aree adibite a parcheggio sono assoggettate all’applicazione della TARI nel momento in cui al concessionario del servizio sia stata affidata, oltre alla mera gestione, anche la detenzione e custodia di tutta o parte delle aree destinate a parcheggio.

Gli “ermellini”, infatti, accogliendo il ricorso proposto contro un avviso di accertamento da parte di una società che gestiva un’area adibita a parcheggio, rilevavano come i giudici di merito si fossero limitati a ritenere che la semplice occupazione dell’area e la titolarità della concessione di servizio determinassero l’integrazione del presupposto impositivo della TARI.

La Cassazione, tuttavia, evidenziava come la Commissione Territoriale Regionale avesse omesso di considerare l’applicazione del principio già espresso in sede di legittimità (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 21/06/2021, n. 17617) per il quale, in riferimento ad un’area pubblica destinata a parcheggio, è opportuno procedere alla interpretazione del contratto tra il proprietario dell’area in questione (il Comune) ed il concessionario, “verificando attraverso una lettura complessiva delle clausole se, oltre alla gestione del servizio, sia stata affidata anche la detenzione e custodia di tutta o di parte delle aree destinate a parcheggio, sì che possa considerarsi sussistente il presupposto impositivo costituito dalla detenzione o occupazione di una 'res' suscettibile di produrre rifiuti”.

Attraverso tale richiamo, dunque, la Corte di Cassazione ha constatato come fosse stata pretermessa l'analisi interpretativa della convenzione concessoria, passaggio da ritenersi imprescindibile al fine di verificare se il servizio di parcheggio a pagamento potesse configurarsi come vera e propria detenzione con occupazione dell’area o, piuttosto, come mero affidamento del servizio di riscossione delle tariffe di parcheggio.