IVA e ritenute in caso di errata applicazione del metodo forfettario e rifiuto della nota di variazione
Con due distinte Risposte (la n. 499 e 500 del 2019), l'Agenzia risponde alla richiesta di un contribuente che, erroneamente ritenendo di entrare nel regime forfettario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha emesso quattro fatture senza addebitare l'Iva e senza esporre la ritenuta d'acconto (regolarmente pagate) per poi stornarle con successive note di variazione che sono state, però, rifiutate. L'Istante richiedeva quindi chiarimenti in merito alla possibilità di compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d'acconto non versate dal sostituto d'imposta, nonché dell'Iva addebitata in rivalsa, versata all'Erario, ma non pagata.
L'Amministrazione sottolinea, innanzi tutto, che, l'emissione di note di variazione è la prassi corretta nei casi in cui il cedente / prestatore si renda conto di non avere i requisiti per entrare nel regime forfettario e, di conseguenza, "il rifiuto della [...] non sembra trovare una giustificazione nella normativa tributaria".
Tuttavia, per quanto riguarda le compensazioni richieste, l'Agenzia specifica che:
- con riferimento alle ritenute "in presenza di omesso versamento della ritenuta da parte del sostituto d'imposta, la responsabilità solidale del sostituito vada esclusa qualora sia documentato che quest'ultimo l'ha effettivamente subita". Nel caso in esame, però, il committente non ha operato la ritenuta, posto che ha rifiutato le note di variazione in diminuzione emesse a storno delle fatture originarie, nonché le nuove fatture su cui è stata esposta la ritenuta d'acconto. Conseguentemente, non avendo subito le ritenute a titolo di acconto, l'istante non può vantare alcun credito ai fini dell'imposta sul reddito.
- con riferimento all'IVA, l'Agenzia ribadisce che " in materia di Iva il rapporto tributario pubblicistico, sia per quanto riguarda la debenza che per quanto concerne la misura dell'imposta, si instaura esclusivamente tra il cedente/prestatore - unico soggetto passivo dell'imposta - e l'Amministrazione finanziaria. Diversamente, come affermato dalla Corte di cassazione (c.f.r. sentenze n. 17174 del 26 agosto 2015 e n. 24794 del 24 novembre 2005) la rivalsa si effettua sulla base di un rapporto di natura non tributaria, ma privatistica, autonomo rispetto al rapporto tributario che lega il cedente/prestatore e l'Amministrazione finanziaria." Di conseguenza, la possibilità di recuperare l'Iva, correttamente versata all'erario dall'istante in seguito ad emissione delle nuove fatture ed addebitata a titolo di rivalsa, ma non versata dal committente, non trova soluzione nel sistema fiscale, salvo che non si proceda con una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa. In tal caso trova applicazione l'articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972.