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IRAP: non rettificabile la revoca di fatto del metodo misto

Interessante Risposta (la n. 187/2022) in tema di opzione per il metodo misto e sua revoca da parte delle pubbliche amministrazioni in una materia, quell'IRAP enti locali, dove gli interventi di prassi non sono numerosi e sorgono spesso dubbi su come operare in caso di adozione del metodo misto per tutte o alcune delle attività rilevanti IVA.

La Risposta pone l'accento sul comportamento concretamente adottato dal contribuente ai fini contabili, non solo (e soprattutto) in sede di acconto, ma anche in sede di dichiarazione IRAP con la compilazione o meno del conto economico aggregato e dei relativi campi in dichiarazione.

L'Agenzia, in particolare, nega la possibilità ad un Ente di presentare - ai fini del recupero della maggiore imposta versata con il metodo "retributivo" rispetto a quello commerciale - le dichiarazioni integrative per adottare (o meglio "riadottare") il metodo misto utilizzato fino al 2016 e poi di fatto abbandonato - sino al 2020 - senza una particolare valutazione di convenienza o un mutamento dei servizi all'utenza, ma solo per una modifica del gestionale dal quale è disceso il versamento integrale dell'IRAP negli acconti mensili e la mancata compilazione dei conti economici e dei relativi quadri in dichiarazione. Non c'era però stata una "revoca" espressa in dichiarazione.

L'Agenzia delle entrate ricorda che l'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. La validità dell'opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall'inizio dell'anno o dell'attività. Per gli enti pubblici che, oltre all'attività istituzionale, effettuano anche attività commerciali, la circolare n. 148/E del 26 luglio 2000 ha chiarito che il comportamento concludente idoneo a manifestare l'opzione di cui al citato articolo 10-bis del D.Lgs. n. 446 del 1997, corrisponde alla scelta assunta dagli stessi all'inizio del periodo d'imposta, vale a dire in sede di primo acconto mensile.

Nel caso di specie, per l'Amministrazione finanziaria l'adozione - a partire dal 2016 - del metodo retributivo anche per le attività commerciali (e, conseguentemente, la revoca del metodo commerciale) non sembra essere stata determinata esclusivamente dall'errata funzionalità del "nuovo sistema gestionale", avendo l'istante scelto di versare gli acconti (rilevatori, come chiarito dalla circolare n. 234/E del 2000, dell'esercizio dell'opzione), di omettere la predisposizione del conto economico aggregato delle attività commerciali, di presentare le dichiarazioni annuali IRAP in conformità con il metodo scelto, adottando, quindi, un "comportamento concludente" per ben quattro periodi d'imposta, ovvero fino alla nuova opzione esercitata solo nel 2020.

Non si ravvisa, dunque, alcun "errore" da rettificare, ma solo una scelta per un metodo di calcolo dell'imposta che ora si vuole modificare, rispetto alla quale non è consentito il ricorso alla dichiarazione integrativa di cui all'articolo 2, comma 8, del dPR n. 322 del 1998, destinata alla correzione di «errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito [...]».

La dichiarazione integrativa è infatti finalizzata a correggere errori od omissioni nell'indicazione di elementi funzionali alla determinazione del reddito imponibile e non anche a modificare scelte più o meno favorevoli; non essendo ammissibile la presentazione di una dichiarazione integrativa per ripensare una scelta rivelatasi a posteriori sfavorevole, non ravvisandosi, in tale ipotesi, un vizio della volontà determinato dalla presenza di un errore grave ed essenziale.