Indicazioni della Corte dei conti in ambito di revisione periodica delle partecipazioni
La Corte dei conti Lombardia, con deliberazione n. 203/2024/PRSE, ha rilevato alcune criticità nell’ambito dei provvedimenti di razionalizzazione ex art. 20, comma 2, del TUSP adottati da un’Amministrazione.
Una prima indicazione fornita dalla Corte è relativa alla qualifica di holding pura.
Richiamando il D.lgs. 175/2016, viene sottolineato dalla Sezione che la disciplina non include “espressamente la gestione delle partecipazioni tra le attività consentite ex art.4. La legittimità di tale attività si deduce dal comma 5 dell’art.4” sulla base della quale “si trae che le holding sono riconducibili alla categoria delle società strumentali, legittimate (fatta salva diversa disposizione regionale) dall’entrata del Tusp a costituire nuove società/acquisire nuove partecipazioni societarie solo se aventi ad oggetto esclusivo la gestione di partecipazioni”. In tal senso, l’inquadramento quale holding di partecipazione di una delle società partecipate dell’Amministrazione non risulterebbe sostenibile in virtù del fatto che lo statuto della stessa “riporta un oggetto sociale assai ampio, al cui interno figura una serie variegata di attività, alcune di servizio pubblico …, altre strumentali” tra le quali viene poi “contemplata anche l’amministrazione di società”; tale impostazione comporta quindi l’esclusione della società dal novero delle holding pure, riconducendola piuttosto ad “una società operativa, abilitata anche ad amministrare società”.
Viene altresì rilevato il mancato raggiungimento per due partecipazioni detenute dall’Ente del limite minimo del fatturato triennale medio imposto dal TUSP al co. 2, lett. d), dell’art. 20.
L’Amministrazione giustifica il mancato rispetto del limite del fatturato richiamando la “particolare attività svolta dalle due società”; tale motivazione “legittimerebbe, altresì, il mancato rispetto del parametro relativo all’assenza di dipendenti” per una delle due realtà. In merito la Corte ha ritenuto che “entrambe le conclusioni … non risultano supportate dal tenore letterale delle norme contenute nell’art.20 Tusp, che non contiene una deroga espressa al riguardo”.
È stata infine rilevata una “carenza motivazionale” rispetto alla partecipazione in una realtà rientrante tra le società bancarie di finanza etica per la quale l’Ente, nel Piano, ha indicato il mantenimento sia in quanto la stessa “non comporta ulteriori oneri finanziari per il comune”, sia sulla base del “carattere etico e nella funzione sociale svolta”. In merito la Corte ha sottolineato che la previsione normativa che disciplina tali società, rilevabile al comma 9 ter, art. 4 del TUSP non autorizza “di prescindere del tutto dall’onere motivazionale ex art.5, limitando lo stesso ai due presupposti del limite dell’un per cento del capitale sociale e dell’assenza di ulteriori oneri finanziari rispetto a quelli derivanti dalla partecipazione”.