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Indennità funzione Sindaco Comuni inf. 3.000 abitanti, non si applica l'invarianza di spesa

La Corte dei Conti Liguria, con delibera 53/2021, ha evidenziato il principio di invarianza della spesa di cui all'art. 1, comma 136, legge 56 del 2014 riguarda solamente gli oneri connessi con le attività nella materia di stato degli amministratori locali, dovendosi invece ritenere l'indennità di funzione del sindaco sottratta a tale principio.

Con riferimento alla determinazione dell'ammontare dell'indennità della funzione del sindaco di un comune con popolazione fino a 3.000 abitanti, spetta al singolo ente la valutazione complessiva sulla misura dell'aumento previsto dal comma 8-bis dell'art. 82 TUEL, che deve necessariamente essere compatibile con la propria situazione finanziaria e con il rispetto degli equilibri di bilancio e, ovviamente, con il tetto massimo prescritto dalla legge.

La prima questione da esaminare – hanno spiegato i magistrati contabili - è quella del coordinamento tra l’art. 1, comma 136, della legge n. 56 del 2014 e il successivo comma 8-bis dell’art. 82 TUEL. Al riguardo, nell’osservare che il comma 8-bis dell’art. 82 TUEL non richiama espressamente il principio di invarianza della spesa che, invece, era stato previsto dal citato comma 136 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014 in conseguenza della rideterminazione del numero degli amministratori disposto dal comma 135, si rileva che la questione dell’applicazione del suddetto principio all’indennità di funzione spettante ai sindaci è già stata affrontata dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 35/SEZAUT/2016/QMIG. Tale pronunciamento opera un distinguo tra l’indennità di funzione del sindaco (che riflette “l’acquisizione di diritti di carattere economico che rinvengono fondamento nei principi sanciti dall’art. 51 della Costituzione nonché nell’art. 7 della Carta Europea dell’autonomia locale, recepita nel nostro ordinamento con legge di ratifica 30 dicembre 1989 n. 439, cfr. Sezione delle autonomie”, deliberazione n. 24/SEZAUT/2014/QMIG) e gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, per loro natura variabili (gettoni di presenza dei consiglieri di cui all’art. 82 del TUEL, rimborsi delle spese di viaggio, spese per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali). Ciò considerato, la Sezione delle Autonomie è giunta ad affermare che il principio di invarianza della spesa di cui all’art. 1, comma 136, l. n. 56 del 2014 riguarda solamente questi ultimi, dovendosi invece ritenere l’indennità di funzione del sindaco “sottratta alla disposizione di cui al comma 136 finalizzata al contenimento ed alla neutralizzazione di un possibile incremento di spesa” (unitamente agli oneri relativi a permessi retribuiti, oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi, di cui agli artt. 80 e 86 TUEL, il cui computo è escluso dallo stesso comma 136).

La seconda questione da esaminare riguarda la corretta determinazione dell’ammontare dell’indennità di funzione del sindaco di un comune con popolazione fino a 3.000 abitanti, ed in particolare se la sua misura possa essere fissata anche oltre il contributo statale previsto a titolo di concorso dei maggiori oneri a carico del bilancio comunale. La modifica apportata all’art. 82 TUEL dall’art. 57-quater del d.l. n. 124 del 2019 ha inteso fissare un nuovo tetto massimo all’indennità di funzione spettante ai sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti, prevedendone un incremento che, tuttavia, non viene quantificato in modo puntuale (“fino all’85 per cento della misura dell'indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti”) e che non opera ex lege, postulando una scelta decisionale rimessa all’ente. Tale opzione dovrà tenere conto anche del contributo statale che, essendo espressamente qualificato come “a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni” (art. 57-quater, comma 2, d.l. n. 124 del 2019) implica, di per sé, una contribuzione anche a carico degli enti.

Come recentemente osservato, “detta norma, se da un lato valorizza l’autonomia degli enti, consentendo flessibilità nella modulazione dell’aumento, dall’altro, nell’implicare, per la sua attuazione, un cofinanziamento da parte dell’ente locale, pare supporre necessariamente, da parte dello stesso ente, all’atto della determinazione del quantum dell’incremento, una complessiva valutazione sulla misura dell’aumento, entro il limite di legge, che risulti compatibile con la propria situazione finanziaria nel singolo caso concreto” (Sez. contr. Lombardia, delib. n. 67/2020/PAR).

Ciò posto, come già sostenuto da altre Sezioni regionali di questa Corte (Sez. contr Piemonte, deliberazione n. 12/2021/PAR, Sez. contr. Lombardia, deliberazioni n. 67 e 129/2020/PAR), spetta al singolo ente la complessiva valutazione sulla misura dell’aumento, che deve necessariamente essere compatibile con la propria situazione finanziaria e con il rispetto degli equilibri di bilancio e, ovviamente, con il tetto massimo prescritto dalla legge.