Indebito IVA split istituzionale: l'Agenzia cambia idea sulla compensazione
Nella risoluzione n. 79/E del 21 dicembre 2020, l'Agenzia delle entrate rivede la propria posizione sulle modalità di recupero di maggiori versamenti effettuati a titolo di Iva in regime di scissione dei pagamenti (split payment) istituzionale, ai sensi dell'art. 17-ter del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, in assenza di emissione di nota di credito ex art. 26 del DPR 633/1972.
Con Risposte n. 243/2019 e 378/2020, l'Agenzia aveva ammesso che, in caso di indebito versamento da IVA split istituzionale (in assenza di una nota di variazione), si potesse scomputare l'importo da quelli dovuti a tale titolo, anche in anni successivi, documentando debitamente la compensazione.
Viceversa, nella risoluzione n. 76/E, l'Agenzia prevede esclusivamente la richiesta di rimborso ai sensi dell'art. 21 c. 2 del D.Lgs. 546/1992.
Nel caso di specie, un ente pubblico eroga l'anticipazione del prezzo di cui all'art. 35 c. 18 del D.Lgs. 50/2016 richiedendo garanzia fideiussoria anche per l'importo dell'IVA, in aggiunta all'importo relativo al valore dell'anticipazione, pur non avendo versato la stessa all'appaltatore bensì all'Erario.
A fronte delle richieste da parte di garanzie comprensive dell'importo dell'IVA, gli appaltatori, tuttavia, lamentano un aggravio economico proprio per dover rilasciare garanzia su importi (l'IVA in regime di split payment) mai incassati. L'ente, d'altro canto, in attività istituzionale, rimane inciso dell'IVA assolta sulla fattura di acconto ricevuta e, quindi, se la fideiussione deve avere la funzione di garantire il committente della possibilità di integrale recupero del costo dell'anticipazione, ha finora ritenuto che essa debba estendersi anche all'Iva nonostante il regime dello split payment.
Per ovviare a tale problematica, l'Ente sta pensando di adottare una soluzione alternativa e quindi non richiedere la fideiussione a copertura dell'imposta, ma a questo punto occorre verificare quale sia la procedura migliore per ottenere lo storno dell'IVA versata all'Erario che, in caso di restituzione dell'anticipazione, risulterebbe non dovuta.
Nessun dubbio si pone qualora, nei casi di restituzione dell'anticipazione, l'appaltatore emetta regolare nota di credito nei confronti dell'ente. Viceversa, nel caso in cui la nota non possa essere emessa (soggetto che si rende irreperibile, avvenuta cessazione della partita Iva dell'impresa, o imprenditore individuale deceduto senza prosecuzione dell'attività da parte degli eredi) o non voglia essere emessa, l'Ente escuterebbe la fideiussione per il solo imponibile, ma resterebbe inciso dell'imposta che ha versato all'Erario.
L'Ente proponeva così la soluzione del rimborso o della compensazione in quanto, a suo giudizio, sussistevano criticità nell'individuazione del soggetto titolato a presentare l'istanza.
Tuttavia, l'Agenzia ritiene che "nel caso di specie, in assenza di emissione da parte del fornitore di una nota di variazione in diminuzione di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, non sia possibile per la Provincia istante computare maggiori versamenti effettuati a titolo di Iva a scomputo dei successivi versamenti Iva da effettuare nell'ambito del meccanismo della scissione dei pagamenti. In tale ipotesi, si può ritenere che la Provincia istante possa presentare all'Amministrazione Finanziaria un'istanza di rimborso ai sensi dell'articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, provando che:
- l'Iva versata dall'istante a fronte della fattura di anticipazione ricevuta e richiesta a rimborso non sia effettivamente più dovuta e che sussiste una fattispecie di pagamento indebito oggettivo o di arricchimento senza causa da parte dell'Amministrazione finanziaria in relazione all'Iva versata;
- l'appaltatore non può più emettere nota di variazione ai sensi dell'articolo 26 del medesimo d.P.R. n. 633.
Tale soluzione deriva dal particolare meccanismo dello split payment, secondo il quale le Pubbliche Amministrazioni committenti-cessionarie, ancorché non rivestano la qualifica di debitori di imposta, tuttavia, sono i soggetti che devono materialmente versare all'Erario l'Iva addebitata loro dai fornitori."
La risoluzione conclude che: "Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti"
La nota impone un brusco cambio di rotta per le amministrazioni pubbliche nella gestione di fattispecie piuttosto frequenti, come la duplicazione dei versamenti di IVA split per errore, che, in mancanza di una dichiarazione dal quale far emergere i maggiori versamenti, potevano essere gestiti facilmente in compensazione interna, senza creare particolari problemi di gettito all'Erario.
La presentazione di una istanza di rimborso, sebbene più corretta in base alle norme tributarie (data l'assenza di una disciplina specifica), impone termini prescrizionali "brevi" (due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione), aggrava le procedure per le amministrazioni coinvolte, generalmente per piccoli importi, e ritarda l'incasso delle somme versate all'Erario.
Le Risposte n. 243/2019 e n. 378/2020, in caso di impossibilità di emissione della nota di variazione o versamento duplicato, con il formarsi "un pagamento indebito eseguito dal committente/cessionario che può dar luogo ad azione di ripetizione di cui all'articolo 2033 e segg. del codice civile ovvero alla possibilità di eccepire la compensazione di cui all'articolo 1241 e segg. del c.c. ..." consentivano invece di "recuperare l'IVA versata in eccesso all'Erario scomputando l'importo di cui trattasi dai versamenti dell'imposta che, nell'ambito della propria sfera istituzionale ... " evidenziando "nei propri documenti contabili l'avvenuta compensazione con specifica indicazione delle motivazioni che hanno determinato la rilevazione dell'indebito e del relativo importo".
Nel caso di specie, la complessità della questione posta ha forse indotto l'amministrazione a privilegiare la richiesta di rimborso rispetto alla semplice compensazione, ammettendo la presentazione dell'istanza da parte dell'Ente pubblico, dubbioso in tal senso, senza dar conto delle interpretazioni precedentemente fornite dagli uffici territoriali.
Tuttavia, la Risoluzione 76/E detta l'indirizzo per le Direzioni regionali, provinciali e gli uffici, con la conseguenza che, rispetto alle semplici Risposte, ha una efficacia vincolante non solo per il singolo contribuente, ma anche per gli Uffici tenute ad applicare le norme. Il Provvedimento prot. n. 185630/2018 ha infatti chiarito che "Qualora le risposte alle istanze di interpello e di consulenza giuridica contengano chiarimenti interpretativi del tutto nuovi, modifichino l’orientamento adottato in precedenti documenti di prassi amministrativa, garantiscano maggiore uniformità di comportamento o ricorrano le altre condizioni di cui all’articolo 11, comma 6, dello Statuto dei diritti del contribuente, la pubblicazione avviene sotto forma di circolare o di risoluzione". Di conseguenza, fino a diverso chiarimento, soprattutto per importi di rilievo o che comportino un recupero oltre l'anno, non può tenersi conto dell'orientamento dell'Agenzia delle entrate e procedere, in luogo della compensazione, alla richiesta di rimborso.