Incompatibilità del Sindaco con debiti tributari
L’art. 63 comma 1 n. 6) del Tuel evidenzia che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale:
6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;
A questo proposito, il Ministero dell’Interno ha risposto al seguente quesito, volto a verificare se:
“sussiste la causa di incompatibilità prevista dall’art.63, comma 1, n. 6), quando vi sia stata la notifica della cartella di pagamento, in quanto solo in seguito alla stessa ed alla sua mancata impugnazione (o alla sua impugnazione con esito negativo) può considerarsi cristallizzato l’accertamento del debito tributario, ovvero sia stata emessa ingiunzione di pagamento di cui al regio decreto n.639 del 1910 nell’ambito delle procedure di riscossione coattiva. In caso di rateizzazione del debito la causa di incompatibilità viene meno solo al pagamento dell’ultima rata del piano di rientro del debito”.
La risposta del Ministero dell’Interno è la seguente:
Con nota prot. n.18310 del 3 settembre 2021, questo Ministero ha espresso il proprio avviso in ordine ad una richiesta di parere concernente l’eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità, ai sensi dell’art. 63, comma 1, n. 6), del d. lgs. 18 agosto 2000, n.267, in capo ad un sindaco nei cui confronti è stato accertato il mancato pagamento dell’IMU e della TASI, debito tributario che l’amministratore avrebbe richiesto di estinguere con pagamenti rateali.
Riguardo all’articolo 63 del d.lgs. n.267/2000 la giurisprudenza costituzionale ha individuato la sua ratio nell’impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni pubbliche soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o che si trovino, comunque, in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte Cost. n.44/1997; Id. nn. 220/2003 e 288/2007). La sussistenza di una ipotesi di incompatibilità impedisce di ricoprire la carica di consigliere comunale e per essa è previsto uno specifico procedimento di contestazione, all’esito del quale, in assenza di rimozione della causa contestata da parte dell’amministratore interessato, si determina la decadenza dalla carica (cfr. Corte Cost. n.450/2000).
Ciò premesso, l’articolo 63, comma 1, n. 6), del D.lgs. 267/2000 dispone testualmente che: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: (…) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602 (…)”. Alla luce della prima parte della disposizione appena riportata, è incompatibile a ricoprire la carica di sindaco colui che ha un debito liquido ed esigibile verso il comune e che, per lo stesso, sia stato legalmente messo in mora dall’ente creditore, senza che sia avvenuto il pagamento del quantum dovuto. Con riferimento, invece, alla seconda parte della predetta disposizione, l’incompatibilità sussiste solo nel caso in cui l’amministratore, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei confronti del comune, abbia ricevuto invano la notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46, del D.P.R. n.602/1973.
Il richiamo a tale ultima disposizione normativa, così come opinato dalla Suprema Corte di Cassazione, deve ritenersi come “necessariamente riferito alla cartella di pagamento, che, qualora notificata e non impugnata dal contribuente, svolge una funzione assimilabile all’avviso di mora in quanto idoneo a cristallizzare definitivamente l’esistenza del debito tributario consentendo l’espropriazione forzata, e, quindi ad integrare la causa di incompatibilità prevista per colui che voglia ricoprire una delle cariche pubbliche indicate al primo comma del medesimo art.63 n.6” (così Cass. Civ., sez. I, n.10947/2015).
Ciò comporta che, in presenza di un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi del comune, affinché possa ritenersi sussistente la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 6), è necessario che ci sia stata la notifica della cartella di pagamento, in quanto solo in seguito alla stessa ed alla sua mancata impugnazione (o alla sua impugnazione con esito negativo) può considerarsi cristallizzato l’accertamento definitivo dell’esistenza del debito tributario. Inoltre, nell’ipotesi in cui il comune, avvalendosi della facoltà di procedere alla riscossione coattiva tramite ingiunzione di pagamento di cui al regio decreto n.639 del 1910, emetta una ingiunzione di pagamento, quest’ultima, al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità. Dunque, sussiste la causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 6), del d.lgs. n. 267/2000, a condizione, però, che sia avvenuta la notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602 oppure della ingiunzione di pagamento di cui al Regio Decreto n. 639 del 14 aprile 1910.
A ciò si aggiunga, quanto alla rateizzazione, che l’obbligo di pagare il debito è correlato al sorgere del diritto di credito in favore del comune ed a nulla rileva la concessione da parte dell’ente di un piano di rientro al fine di far venire meno la sussistenza della causa di incompatibilità. In caso di concessione della rateizzazione, infatti, è solo il pagamento dell’ultima rata del piano ad estinguere il debito e, dunque, a far cessare il conflitto d’interesse derivante dalla contestuale posizione di amministratore dell’ente e debitore dello stesso.