Incompatibilità consigliere comunale per conflitto di interessi
Il Ministero dell’Interno è tornato, in un parere, sulla questione dell’incompatibilità di un consigliere comunale in conflitto di interessi per appalti.
L’art. 63 comma 1 n. 2 Tuel, prevede una causa di incompatibilità per i consiglieri comunali che si trovano ad aver parte direttamente o indirettamente in appalti nell’interesse del comune. E’ rilevante l’affidamento di un servizio di progettazione definitiva ed esecutiva relativa ad un lavoro pubblico. Il servizio è prestato nell’interesse dell’ente e il consigliere comunale riceve, per la sua attività professionale, un corrispettivo versato dal comune nel cui consiglio egli è stato eletto.
Testo
Viene chiesto di conoscere l’avviso di questo Ufficio in relazione alla sussistenza di una causa di incompatibilità, ai sensi dell’art. 63 comma 1 n. 2 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, in capo ad un consigliere comunale, libero professionista, al quale, prima delle consultazioni elettorali, veniva affidato il servizio di progettazione, definitiva ed esecutiva, relativa ad un lavoro pubblico. Al riguardo, con nota prot. n. 4999 del 17.02.2022, si è osservato quanto segue.
Si evidenzia che le cause di incompatibilità di cui alla norma citata, ascrivibili al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’ente locale o che si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997 n. 44 , sentenza 24 giugno 2003 n. 220).
In particolare, l’articolo 63, comma 1, n. 2 dispone : colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del Comune o della Provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione, fatta eccezione per i Comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell’ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento [….].
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità, in maniera costante, chiarisce che la norma citata è volta ad evitare il pericolo di deviazioni nell’esercizio del mandato da parte degli eletti ed il conflitto, anche solo potenziale, che la medesima persona sarebbe chiamata a dirimere se dovesse scegliere tra l’interesse che deve tutelare, in quanto soggetto che gestisce il servizio, e l’interesse che deve tutelare, in quanto consigliere del Comune che di quel servizio fruisce. Analoghe considerazioni sono state formulate da questa Amministrazione in un proprio recente parere concernente la questione in argomento (Prot. N. 0015552 del 13.11.2020). E’ necessario, in base a quanto statuito dalla giurisprudenza, che sia rispettata una condizione soggettiva e una condizione oggettiva (cfr. Cass. Civ. n. 11959 dell’8.8.2003; sentenza n. 550 del 16.01.2004). Per aversi incompatibilità, il soggetto deve “aver parte” in appalti nell’interesse del Comune; tale locuzione (“aver parte in appalti o altre attività nell’interesse del Comune”) allude alla contrapposizione tra l’interesse particolare del soggetto, in ipotesi incompatibile, e interesse del Comune, istituzionalmente generale, in relazione alle funzioni attribuitegli, e quindi allude alla situazione di potenziale conflitto di interessi, in cui si trova il predetto soggetto, rispetto all’esercizio imparziale della carica elettiva. La giurisprudenza precisa che gli avverbi “direttamente o indirettamente” devono riferirsi alla condizione soggettiva nel senso che il legislatore ha inteso specificamente rafforzare l’effettività della norma e limitare il predetto diritto non soltanto nei confronti del soggetto al quale il conflitto di interessi sia immediatamente riferibile, ma anche, con chiaro scopo antielusivo, al soggetto che partecipa al servizio e deve considerarsi il reale portatore dell’interesse particolare confliggente con l’interesse generale (cfr. Cass. Civ. sez. I n. 550 del 2004). Sul piano soggettivo, dunque, è necessario che l’interessato rivesta la qualità di “titolare” o di “amministratore” ovvero di “dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento” quale può essere, a titolo esemplificativo, l’institore o il procuratore di un’impresa commerciale o il direttore generale di una società per azioni o l’affidatario della gestione di un servizio aggiudicato in appalto o in concessione. Deve ravvisarsi cioè che l’amministratore locale, rivestito di una di tali qualità, abbia parte in servizi nell’interesse del Comune. “Il servizio nell’interesse del Comune, e in questo senso, pubblico, può comprendere una qualsiasi attività istituzionale del Comune (o una fase di essa, organizzata in servizio, nella misura in cui, di norma, non sia implicato l’esercizio di poteri autoritativi dell’ente locale”(Cass. Civ. sez. I sentenza n. 550 del 16.01.2004). Questo Ministero, con nota 24 marzo 2014, ha precisato che sia la nozione di partecipazione sia quella di servizi devono assumere un significato il più esteso e flessibile, al fine di potervi ricomprendere forme di partecipazione eterogenee ed attività che l’amministrazione comunale decide di fare proprie o potrà decidere di fare proprie.
In tal senso, è irrilevante la natura pubblicistica o privatistica dello strumento prescelto dall’ente locale per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali ( cfr. Corte di Cassazione sez. I 22 dicembre 2011 n. 28504). In altri termini e a titolo esemplificativo, se un professionista ha parte in un servizio al quale il Comune è interessato, lo stesso non è idoneo, secondo la previsione tipica del legislatore, ad adempiere imparzialmente i doveri connessi all’esercizio della carica elettiva. In un altro precedente, questo Ufficio (Prot. N. 0015552 del 13.11.2020) ha sostenuto che il legislatore, con la positivizzazione dei predetti casi di incompatibilità, ha voluto evitare il pericolo di deviazioni nell’esercizio del mandato da parte dell’eletto ed il conflitto, anche solo potenziale, che il medesimo sarebbe chiamato a dirimere se dovesse scegliere tra l’interesse perseguito, in quanto titolare del servizio fornito al Comune, e quello che deve tutelare in quanto consigliere dell’amministrazione locale che di quel servizio fruisce. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa in materia di affidamento di appalti pubblici (Tar Basilicata n. 194 del 20/03/2018), espressamente ha sancito che all’esito dell’espletamento della gara, dopo la stipula del contratto tra il Comune e l’aggiudicatario, sorge per l’appaltatore - consigliere comunale l’incompatibilità di cui all’art. 63 comma 1 n.2 del Tuel. Nel caso in esame, dall’analisi dei documenti prodotti emerge che il consigliere comunale interessato è affidatario di un servizio di progettazione definitiva ed esecutiva relativa ad un lavoro pubblico. Trattasi, dunque, di gestione di un servizio prestato nell’interesse dell’ente, e il consigliere riceve, per la sua attività professionale, un corrispettivo versato dal Comune nel cui Consiglio egli è stato eletto. Ciò posto, in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’espletamento del mandato è compiuta con la procedura prevista dall’art. 69 del decreto legislativo 267 del 18 agosto 2000 che garantisce il contraddittorio tra organo e amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa di incompatibilità contestata (cfr. Corte di Cassazione sentenza n. 12809 del 2004), atteso che la valutazione della sussistenza della causa di incompatibilità è rimessa al Consiglio Comunale.