PATTO DI STABILITA', In arrivo una rivoluzione nella gestione degli enti locali: contenimento alla crescita della spesa netta
L’audizione del Presidente Ufficio parlamentare di bilancio in Commissioni finanza e bilancio riunite di Camera e Senato, avvenuta nei giorni scorsi, preoccupa e rischia di cambiare il modo forte l’operatività degli enti locali.
Il punto forte è che LE NUOVE REGOLE EUROPEE PREVEDONO CHE IL RISPETTO DELL’EQUILIBRIO DI BILANCIO PER IL COMPLESSO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE NON VENGA PIÙ VALUTATO SULLA BASE DEL SALDO DI BILANCIO MA PIUTTOSTO CON RIFERIMENTO AL TASSO DI CRESCITA DELLA SPESA NETTA.
Le Amministrazioni locali concorrono al rispetto delle regole di bilancio europee nell’ambito del quadro normativo definito dalla Costituzione e dalla L. 243/2012. L’articolo 97 della Costituzione prevede per tutte le Amministrazioni pubbliche, inclusi gli Enti territoriali, l’obbligo di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. L’articolo 119 (ultimo comma) stabilisce le condizioni per il ricorso all’indebitamento netto da parte degli Enti territoriali. In particolare, essi possono indebitarsi – soltanto per sostenere spese di investimento – se a livello di ciascuna Regione è verificato l’equilibrio di bilancio per il complesso degli Enti territoriali che vi appartengono. Viene esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti contratti dagli Enti territoriali. Agli Enti territoriali è dunque preclusa la possibilità di utilizzare la spesa corrente per attuare un’autonoma politica anticiclica.
La L. 243/2012 definisce l’equilibrio di bilancio come il conseguimento di un saldo non negativo, in termini di competenza, tra il totale delle entrate e delle spese finali, escludendo l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del Fondo pluriennale vincolato (FPV) (art. 9). Inoltre, stabilisce che operazioni di indebitamento e utilizzo degli avanzi di amministrazione degli esercizi precedenti possano essere effettuati soltanto a fronte di spese d’investimento, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale e nazionale che garantiscano il rispetto dell’equilibrio di bilancio per il complesso degli Enti territoriali conseguito sia a livello di singola Regione sia a livello nazionale (art. 10). Infine, prevede il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali (LEP) e delle funzioni fondamentali degli Enti territoriali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali (art. 11).
Per garantire che il rispetto dei vincoli derivanti dagli obiettivi comunitari avvenisse in conformità con i principi costituzionali che governano l’autonomia degli Enti territoriali è intervenuta la Corte costituzionale, da ultimo nel 2018 (Sentenze n. 247/2017 e n. 101/2018). È con la legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018) e una successiva Circolare del Ministero dell’Economia e delle finanze del 2020 che, tenendo anche conto delle sentenze della Corte, si delinea l’assetto oggi vigente. In base alle regole attuali i singoli Enti hanno l’obbligo di conseguire il pareggio di bilancio contabile, mentre il rispetto del saldo previsto dalla L. 243/2012, un saldo simile all’indebitamento netto rilevante ai fini delle regole di bilancio comunitarie, deve essere accertato non a livello di singoli Enti ma piuttosto dell’intero sottosettore.
L’applicazione del sistema di rispetto equilibri di bilancio attraverso il contenimento della spesa netta per gli Enti territoriali è un’operazione complicata. Come accaduto quando fu introdotto per tali Enti il principio dell’equilibrio di bilancio, occorrerà assicurarne il coordinamento con le regole contabili sul pareggio di bilancio. Su un piano più sostanziale sarà necessario assicurare che i vincoli sulla dinamica della spesa siano compatibili con il fabbisogno finanziario per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e per l’erogazione dei LEP.
Per il controllo della spesa degli Enti territoriali si intravedono, in linea teorica, due possibili scenari alternativi.
Il primo scenario prefigura il mantenimento dell’attuale assetto basato su limiti all’indebitamento degli Enti territoriali nell’ambito dell’introduzione del monitoraggio della regola della spesa per il complesso delle Amministrazioni pubbliche. Questa strada sarebbe percorribile qualora non vi fosse il rischio che gli Enti territoriali possano incrementare la spesa in modo significativo utilizzando aumenti delle entrate non riconducibili a misure discrezionali. Tale rischio dipende dalla variabilità delle entrate degli Enti territoriali.
Per i Comuni il rischio è legato essenzialmente alla capacità di variare le tariffe applicate ai servizi comunali e all’attività di repressione degli illeciti (multe). Per le Province e le Città metropolitane, data la dimensione limitata e l’andamento decrescente delle entrate tributarie ed extratributarie, il rischio potrà essere valutato solo alla luce dell’attuazione della riforma fiscale, con la quale è previsto vengano ridisegnati i tributi propri e ampliati gli spazi di sforzo autonomo.
Per le Regioni, la gran parte delle entrate sono perequate nell’ambito della sanità e la loro dimensione complessiva dipende dalla determinazione della compartecipazione all’IVA; inoltre, i principali tributi non perequati sono l’IRAP – la cui base imponibile è stata ampiamente erosa dai provvedimenti degli ultimi anni e in prospettiva, in base alla legge delega di riforma fiscale, è destinata a scomparire – e la tassa di circolazione, che tuttavia è molto variabile. L’impatto sulla spesa della componente ciclica delle entrate degli Enti territoriali potrebbe essere sterilizzato attraverso la revisione periodica delle compartecipazioni e dei trasferimenti.
Continuando a richiedere agli Enti territoriali l’equilibrio di bilancio, tale revisione potrebbe consentire di controllare indirettamente il livello della spesa per allinearne il tasso di crescita a quello desiderato per l’intero sottosettore. Compartecipazioni e trasferimenti perequativi dovranno comunque assicurare il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei LEP. A tal fine appare opportuno che il Piano strutturale di bilancio definisca, insieme al tasso di crescita complessivo della spesa netta, anche quelli della spesa per le funzioni fondamentali e per quelle in cui siano stati definiti dei LEP. Nella definizione degli obiettivi per comparto andrà assicurato il coinvolgimento degli Enti territoriali recuperando il ruolo della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. L’efficacia di questo approccio dipenderà dalla presenza di un sistema ordinato di trasferimenti e dalla capacità di prevedere correttamente le variazioni non discrezionali delle entrate in particolare di quelle extratributarie non direttamente legate all’andamento dell’attività economica. Il primo aspetto richiede che venga completato il percorso di attuazione del federalismo fiscale con la riforma del finanziamento delle Regioni a statuto ordinario (RSO) – inserita come abilitante nel PNRR e da realizzare entro il primo trimestre del 2026 – e una razionalizzazione dei trasferimenti che ancora affluiscono agli Enti locali al di fuori dei fondi perequativi. Qualora la revisione annuale dei trasferimenti risultasse troppo complessa si potrebbe considerare l’istituzione di un Fondo straordinario alimentato da un contributo degli Enti territoriali nelle fasi favorevoli del ciclo economico e a questi distribuito nelle fasi sfavorevoli, in analogia a quanto previsto dall’articolo 11 della L. 243/2012 per il concorso dello Stato nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali.
ll secondo scenario prefigurerebbe la modifica del concetto di equilibrio di bilancio per gli Enti territoriali nella L. 243/2012 introducendo un vincolo diretto sul tasso di crescita della spesa di questi ultimi. Il monitoraggio potrebbe continuare a seguire l’impostazione attuale: la RGS verificherebbe ex ante ed ex post il rispetto del tasso di crescita della spesa del sottosettore e in caso di sforamenti potrebbe richiedere gli aggiustamenti necessari prima di autorizzare il ricorso all’indebitamento. A tal fine sarebbe necessario individuare indicatori affidabili basati su dati che possano essere ottenuti in modo tempestivo e che non impongano oneri di raccolta e di comunicazione eccessivi. In questa prospettiva diverrebbe urgente la necessità di dotare gli Enti territoriali di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale basato sulla competenza economica in linea con gli standard contabili nelle pubbliche amministrazioni internazionali ed europei (IPSAS/EPSAS) e in attuazione della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, così come previsto dalla Riforma 1.15 del PNRR. Data l’elevata complessità dei bilanci e la previsione dell’evoluzione della normativa, l’eventuale modifica della L. 243/2012 potrebbe limitarsi a definire l’indicatore da utilizzare per il monitoraggio della spesa netta degli Enti territoriali solo in termini generali, demandando alla legge ordinaria il compito di stabilirne i dettagli attuativi. Andrebbe anche valutata l’opportunità di prevedere procedure semplificate per i Comuni di minori dimensioni. Il controllo della spesa netta richiederebbe di definire procedure per la valutazione delle variazioni discrezionali delle entrate degli Enti territoriali e per la raccolta delle relative informazioni da parte del Ministero dell’Economia e delle finanze. Per la loro rilevanza, soprattutto in ambito comunale, sarebbe necessario chiarire se potranno essere considerate discrezionali le variazioni delle entrate extratributarie come, ad esempio, quelle delle tariffe – non legate a cambiamenti delle aliquote – e quelle relative all’attività di repressione degli illeciti.
Un’attenzione a parte, sempre nell’ambito della definizione del vincolo della spesa e della valutazione delle entrate discrezionali, andrebbe posta allo stock di risorse accantonate nel FCDE. Una qualunque azione volta a recuperare in maniera permanente l’evasione fiscale o a migliorare le capacità di riscossione degli Enti territoriali libererebbe risorse da questo Fondo e le renderebbe, allo stato attuale, utilizzabili per assumere nuovi impegni di spesa. All’interno di ciascuno di questi scenari dovrà essere garantita l’applicazione dei meccanismi di monitoraggio e di controllo alle Regioni a statuto speciale (RSS), come già oggi accade per l’equilibrio di bilancio e, in prospettiva, alle Regioni che accederanno all’autonomia differenziata.
Con riferimento a queste ultime, la revisione periodica delle compartecipazioni, prevista dal DDL sull’autonomia differenziata attualmente all’esame della Camera dei deputati, dovrà essere coerente con i limiti alla crescita della spesa netta. Come già rilevato in precedenti audizioni, una gestione delle compartecipazioni affidata esclusivamente a trattative bilaterali all’interno delle Commissioni paritetiche potrebbe non garantire l’uniformità delle valutazioni e un adeguato coordinamento con la programmazione di bilancio. Permane quindi l’esigenza di prevedere una sede istituzionale unica dove le decisioni possano essere prese in modo coordinato e con una valutazione complessiva che coinvolga anche la determinazione della compartecipazione che, secondo il D.Lgs. 68/2011, dovrebbe finanziare il fondo perequativo regionale nell’ambito del federalismo simmetrico.