IMU: stato di inagibilità
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione 15, con sentenza n. 7182 del 30/09/2024, ha accolto il ricorso di un contribuente (società) che invocava la riduzione del 50% ai sensi dell’art. 13 comma 3 lettera b) DL n. 201/2011, a titolo di IMU per l’anno di imposta 2016, sul presupposto della nota inagibilità dell’immobile oggetto di tassazione.
Nel caso in esame, lo stato di inagibilità era chiaramente noto al Comune dal momento che lo stesso, in materia di TARSU per l’anno di imposta 2012 in relazione al medesimo immobile, aveva espressamente riconosciuto lo stato di inagibilità del “fabbricato in stato di abbandono”.
Il Comune, nelle sue memorie difensive, sosteneva che il contribuente non avesse presentato la dichiarazione IMU e che avesse presentato una relazione peritale datata 2018 e dunque successiva all’anno di imposta richiesto nell’atto di accertamento emesso (2016).
Premesso che, indubbiamente i presupposti di imposta dell’IMU e della TARSU sono diversi, ma il fatto che il Comune fosse pienamente a conoscenza dello stato di inagibilità-stato di abbandono, rileva inequivocabilmente che l’Ente stesso ne fosse a conoscenza al momento di emissione dell’avviso di accertamento IMU 2016.
Infatti, i giudici sostengono che: “non occorreva la presentazione di alcuna dichiarazione di inagibilità in funzione della fruizione della riduzione di imposta richiesta dalla società appellata”.
“in tema di IMU e nell'ipotesi di immobile inagibile, l'imposta va ridotta, ai sensi del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 3 (conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011), nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest'ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune".
Per quanto concerne la relazione peritale, i giudici rilevano che: “si deduce chiaramente che l’immobile di proprietà della società appellata versava in uno stato di degrado evidente, tenuto conto che i pilastri portanti presentano fessurazioni longitudinali ed il ferro delle gabbie è stato attaccato dalla ruggine, che gonfiando ha causato il totale distacco di parti cospicue del conglomerato cementizio; la struttura è priva di servizi igienici; i solai ed i sottobalconi sono pericolanti; l’ascensore a servizio dei piani non è funzionante e le porte di sicurezza dei vari piani sono deformate ed arrugginite da tempo per effetto degli agenti atmosferici esterni a causa della mancanza totale degli infissi; gli impianti tecnologici sono totalmente inefficienti o del tutto assenti.
Viene altresì segnalato nella suddetta relazione peritale che il degrado dell’immobile è tale da non poter essere superato con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, occorrendo, piuttosto, un intervento di risanamento conservativo piuttosto importante, comportante una radicale ristrutturazione edilizia”
Ora è pur vero che - per come eccepito dal Comune appellante - la detta perizia è stata redatta nel 2018 ma, a parte la considerazione che in tale documento il tecnico attesta che lo stato di ammaloramento complessivo della struttura si è prodotto sicuramente in un arco temporale di circa 10/15 anni, appare decisivo il rilievo di ordine puramente logico per cui, se è vero (per come sopra esposto) che nel 2012 il fabbricato in questione era “inagibile in stato di abbandono”(per come riconosciuto dal Comune) e tale condizione è stata riscontrata analogamente nel 2018, deve escludersi che nel 2015 invece il fabbricato medesimo fosse stato in buono stato di manutenzione.
Escludendo il caso in esame, dove l'Ente appunto era a conoscenza dello stato dell'immobile, per tutti gli altri casi doveroso, comunque, ricordare che il comma 769 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 prevede che i soggetti passivi, devono presentare la dichiarazione o, in alternativa, trasmetterla in via telematica secondo le modalità approvate con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta; lo stesso decreto disciplina altresì i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione.
Le istruzioni al modello di dichiarazione IMU, approvate con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 Aprile 2024, prevedono espressamente l’obbligo dichiarativo nell’ipotesi di riduzione della base imponibile per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.
La dichiarazione IMU deve essere presentata utilizzando i modelli ministeriali e allegando l’eventuale documentazione idonea a sostenere quanto dichiarato dal contribuente.
L’art. 1, comma 747 della stessa Legge (160/2019) prevede la riduzione della base imponibile nella misura del 50 per cento “per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni”.
Lo stesso comma prevede che, in tal caso, l’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, qualora il Comune eroghi questo servizio o, in alternativa, da un tecnico abilitato incaricato dal proprietario, che accerti l’inagibilità o inabitabilità del fabbricato, sulla base delle caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato non superabili con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.
Per maggiore chiarezza, è opportuno fare riferimento al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” in cui all’art. 3 vengono riportate le “Definizioni degli interventi edilizi”, dove per manutenzione ordinaria e straordinaria si intende:
a) “interventi di manutenzione ordinaria”, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione,
rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere
in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico- sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
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