IMU - L'edificabilità di un'area
La Cassazione, attraverso l’Ordinanza n. 6690 del 13 marzo 2024, ha osservato che: “L'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicazione del criterio di determinazione della base imponibile, fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione di esso da parte della Regione e dell'adozione di strumenti urbanistici attuativi (cfr. tra le altre, Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16174; Cass. sez. 5, 16 novembre 2012, n. 20137; Cass. sez. 5, 5 marzo 2014, n. 5161; Cass. sez. 5, 27 febbraio 2015, n. 4091; Cass. sez. 6-5, ord. 27 aprile 2017, n. 10476).
Dette considerazioni evidentemente sono esattamente riproponibili nel rapporto tra previsione generale di piano e norme attuative, quali siano le denominazioni in concreto assunte anche secondo le legislazioni regionali (si veda in proposito, con specifico riferimento a rapporti tra piano strutturale comunale e piano operativo comunale nell'ambito della legislazione urbanistica di riferimento dell'Emilia - Romagna, Cass. 5, 27 gennaio 2017, n. 2109).
Invero l'affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale non può - una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale - ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo, atteso l'indirizzo giurisprudenziale di legittimità incentrato sull'art. 36, co. 2,. d.l. 4 luglio 2006, n. 223 cit. convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 secondo il quale "in tema di Ici, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11-quaterdecies, comma 16, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi" (Cass. n. 21156/2016; Cass. n. 11182/2014; Cass. n. 15792/2012 ed altre).”.
La Suprema Corte riprende, sul punto, la decisione delle Sezioni Unite n. 25506/06, con cui è stato chiarito che: “"L'inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell'andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d'imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell'art. 59, comma primo, lettera f), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. L'inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell'immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio"”.
Per questo, la decisione sopra richiamata precisa: “Anche allorquando la legge regionale preveda che il Piano strutturale comunale, inteso quale strumento di pianificazione urbanistica generale da adottarsi dai Comuni per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo, non attribuisca la potestà edificatoria alle aree né conferisca alle stesse una potenzialità edificatoria subordinata all'approvazione del piano operativo comunale, potendo solo il piano operativo comunale regolare la reale possibilità di trasformazione del territorio, comunque esso è assimilabile ai piani attuativi previsti dalla normativa statale. Benché la valenza "programmatica" di tale strumento sembrerebbe prima facie escludere una sua diretta incidenza sulla natura delle aree, occorre, tuttavia, considerare che la nozione di edificabilità da un punto di vista urbanistico si discosta dalla relativa nozione in ambito fiscale che sembra far leva su un concetto più ampio di "potenzialità edificatoria". In altri termini, ai fini tributari sono edificabili tutti quei terreni che tali sono qualificati da uno strumento urbanistico, indipendentemente dalla sussistenza dell'approvazione regionale dello strumento urbanistico e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia in quanto è di comune esperienza la circostanza che la vocazione edificatoria di un suolo formalizzata in uno strumento urbanistico, ancorché non operativo, è sufficiente a far lievitare il suo valore venale secondo le leggi di mercato. Va precisato però, che "l'aspettativa di edificabilità di un suolo non comporta ai fini della valutazione fiscale, l'equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto l'assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli, valutazione che quindi non può essere identica per un terreno già concretamente edificabile e per uno che invece attende il compimento dell'iter previsto dalla legge per poter procedere all'edificazione" (Cass. n.17933/2021). Ed a nulla rileva il fatto che la potestà edificatoria possa conseguire unicamente dall'inclusione del terreno nel successivo piano operativo comunale, trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius edificandi laddove la natura edificabile del terreno consegue all'approvazione dello strumento generale di pianificazione (vedi Sez. 5 del 27.01.2017. n. 2109; Sez. 5, del 27.03.2019, n. 8549; Sez. 5, del 3.04.2019, n. 12938). Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale - una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale - non può ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo, atteso l'indirizzo giurisprudenziale di legittimità incentrato sull'art. 36, co. 2, d.l. 223/2006 cit., secondo il quale l'edificabilità deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi" (Cass. 5 novembre 2018, n. 28175; Cass. 27 gennaio 2017, n. 2109; Cass. 19 ottobre 2016, n. 21156; Cass. 21 maggio 2014, n. 11182; Cass. dell'11.03.2022, n. 7928 e Corte cost. n. 64/2021).”.