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IMU e abitazione principale

Con sentenza n. del 4292 del 19/02/2025 la Corte di Cassazione, riprendendo una sua precedente pronuncia (n. 209/2022), ha ribadito che:

- «[…] l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»;

- «[…] in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lettera b), primo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), nella parte in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»;

«[…] in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019»; - «[…]in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019, come successivamente modificato dall’art. 5-decies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215».

Va preso atto, anche, che la Corte Costituzionale ha escluso, quale requisito per godere dell’esenzione in esame, che nell’abitazione (prima casa) debba avere dimora abituale e residenza anagrafica l’intero nucleo familiare del possessore, essendo sufficiente che detta situazione fattuale risiedano in capo al solo proprietario.

Nel caso analizzato dalla Suprema Corte, la contribuente aveva impugnato gli avvisi di accertamento IMU emessi dall’Ente impositore, dimostrando di risiedere anagraficamente e di dimorare abitualmente, come unica componente del nucleo familiare, nel citato immobile di sua proprietà, costituente, quindi, la sua prima casa ed abitazione principale, in termini peraltro non contestati dal Comune, così rivendicando il diritto all’esenzione dal pagamento dell’imposta ed assumendo che il beneficio non si perde, laddove – come nella specie - il coniuge abbia l’abitazione principale in altro comune.

La difesa della contribuente aveva sollevato, altresì, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, in relazione agli artt. 3, 23 e 53 Cost., se interpretati nel senso dell’inapplicabilità dell’esenzione a coniugi, dimoranti e residenti anagraficamente in comuni diversi.

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici avevano respinto il ricorso, proposto dalla contribuente, ritenendo corretto non aver riconosciuto l’esenzione prevista per l’abitazione principale, in ragione dell’assenza del presupposto fattuale della residenza anagrafica e della dimora abituale del nucleo familiare della contribuente, giacché, come riferito dalla stessa, il coniuge risiedeva in altro comune.

Per la Cassazione, invece, gli elementi forniti dalla contribuente sono risultati chiari e sufficienti per riconoscerle il diritto a considerare l'immobile la sua abitazione principale, indipendentemente dal suo nucleo familiare.

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