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IMU: come considerare le aree estrattive

Con sentenza del 16/01/2024 n. 668/23, la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Roma, riprendendo un consolidato orientamento della Suprema Corte, ha confermato che “un'area destinata ad attività estrattiva non può essere considerata, ai fini impositivi, come agricola «trattandosi di immobili suscettibili di autonoma funzionalità e redditività» e conseguentemente il trattamento fiscale va determinato in base al valore venale di comune commercio e non alla rendita fondiaria” (in senso analogo: Cass. 14409/2017; 14410/2017; 20817/2017; 3267/2019; 27004/2019; 30752/2021; 16118/2021; 1404/2022).

Un terreno urbanisticamente destinato allo svolgimento di attività industriale, come quella estrattiva, non potrà considerarsi agricolo.

Ai fini IMU, quindi, come deve essere considerato quel terreno, c.d.“cava” ?

E' noto che la "cava" non può rientrare nell'accatastamento dei terreni, ma questo non implica l’esclusione dal catasto urbano.

La Cassazione, nella sentenza del 2022, n. 1404 ha affermato, che le cave devono essere accatastate nella categoria D/1.

Ai fini della tassazione in materia di IMU, dunque, qualora il soggetto passivo non abbia provveduto all’accatastamento, si potrà considerare la "cava" come “area fabbricabile” e dunque, come stabilito dall’art. 1, comma 746, della legge n. 160 del 2019, la base imponibile potrò essere costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione.

L’area dovrà essere qualificata come area fabbricabile dato che, seppure adibita ad attività estrattiva secondo lo strumento urbanistico, è altresì suscettibile di edificazione.

Nel caso in cui fosse stato regolarmente accatastato il fabbricato nella cat. D/1, ai fini IMU, si prenderà in considerazione la rendita catastale attribuita.