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IMU: beni merce

La Corte di Cassazione, con Ordinanza n.8271 del 29/03/2025, in tema di IMU, ha ribadito che l'esenzione dall'imposta municipale prevista per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, può essere riconosciuta fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati.

Nella sentenza analizzata, l’istante lamentava la violazione degli artt. 2, comma 1, d.l. n. 102/2013 e 53 Cost., per non avere la Corte di giustizia tributaria di secondo grado riconosciuto l’esenzione dei beni-merce in questione, assumendo sul punto che la relativa dichiarazione non costituisce requisito necessario e che essa è sempre emendabile, avendo valore dichiarativo e non costitutivo.

I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto tale osservazione priva di ogni fondamento, affermando che: “L’art. 2 d.l. n. 102/2013 prevede l'esenzione dall'imposta municipale per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati. Ai sensi del comma 5-bis dello stesso articolo «Ai fini dell'applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all'imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le modifiche eventualmente necessarie per l'applicazione del presente comma”.

L’ottenimento del beneficio in oggetto è una condizione necessaria per usufruirne ed è legato all’obbligo dichiarativo. I giudici hanno voluto ricordare che si tratta di un preciso e specifico onere formale, espressamente previsto a pena di decadenza. L’effetto decadenziale stabilito dalla norma esclude ogni ipotesi di emendabilità della dichiarazione fiscale, soprattutto a seguito dell’atto impositivo. Nella fattispecie è pacifico che «[…] la contribuente ometteva di dichiarare la natura di beni merce […]» (così a pagina n. 2 del ricorso), come espressamente riconosciuto dalla ricorrente, rendendo così compiuta e non più rimediabile la fattispecie decadenziale. Va, dunque, dato seguito sul punto alla ribadita giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'omessa della dichiarazione, nei termini decadenziali previsti, comporta la non spettanza del beneficio in oggetto (cfr., anche da ultimo, Cass., Sez. T., 28 maggio 2024, n. 14890, che richiama Cass., Sez. VI/T., 6 ottobre 2020, n. 21465, Cass., Sez., VI/T, 17 febbraio 2022, n. 5190 e la giurisprudenza ivi citata).

Oltre a quanto sopra, doveroso far presente che nella stessa Ordinanza, la Corte di Cassazione ha esaminato altri punti per i quali la ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

Nello specifico si contestava:

  • la mancanza di motivazione nell’atto impositivo,;
  • l’assenza del riferimento alle deliberazioni comunali relative all’approvazione delle aliquote;
  • l’inappropriato prospetto di calcolo predisposto nell’atto impositivo che, a dire della parte ricorrente, risultava privo di elementi essenziali ed errato per non aver tenuto conto di alcuni versamenti effettuati in precedenza.

Nella motivazione della Cassazione, a tal riguardo si legge:

Sul piano dei principi, in più occasioni, questa Corte ha precisato che l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento deve ritenersi adempiuto mediante l'enunciazione del criterio sulla cui base la pretesa impositiva viene esercitata, con le specificazioni necessarie per consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa e per delimitare l'ambito delle ragioni deducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l'Amministrazione ha l'onere di provare l'effettiva sussistenza dei presupposti per l'applicazione del criterio prescelto ed il contribuente ha la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (così Cass., Sez. T. 10 giugno 2024, n. 16096). Più specificamente «In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'obbligo motivazionale dell'accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'"an" ed il "quantum" dell'imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l'indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ente impositore nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass. 26431/2017)» (così, Cass., Sez. T, 2 maggio 2023, n, 11449 e 11443 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 27 luglio 2023, n. 22702, che richiama Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571 ed ancora, tra le tante, Cass., Sez. V., 29 ottobre 2021, n. 30887; cui adde, in tema di IMU, Cass., Sez. T. 28 maggio 2024, n. 14890).

Le delibere comunali relative all’applicazione del tributo ed alla determinazione delle relative tariffe non rientrano tra i documenti che devono essere allegati agli avvisi di accertamento ai sensi dell'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in quanto detto obbligo è limitato agli atti richiamati nella motivazione che non siano conosciuti o altrimenti conoscibili dal contribuente, ma non anche gli atti generali come le delibere del consiglio comunale che, essendo soggette a pubblicità legale, si presumono conoscibili (cfr. Cass., Sez. T, 16 febbraio 2023, n. 4939, nonché Cass., Sez. T., 29 maggio 2023 n. 38161 e Cass. Sez. T., 30 dicembre 2022, n. 38161; nello stesso senso, tra le tante, Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755, Cass., Sez. T, 25 novembre 2022, n. 34879; Cass., Sez. T, 11 giugno 2021, n. 16681, Cass., Sez. T., 11 agosto 2023, nn. 24589, 24554 ed altre). Non deve, poi, essere confusa la motivazione dell’avviso con la dimostrazione (prova) dei fatti costitutivi della pretesa fiscale, giacchè «La motivazione dell'avviso di accertamento costituisce requisito formale di validità dell'atto impositivo, distinto da quello dell'effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l'indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell'istruzione probatoria operanti nell'eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa»

Va osservato che la mancata indicazione dei versamenti eseguiti è tema che non attiene alla motivazione dell’atto, ma alla sua esattezza nel quantum debeatur, mentre gli elementi catastali e matematici, che l’istante riconosce essere contenuti negli avvisi, integrano i presupposti del calcolo algebrico utilizzato per quantificare le imposte. In tale contesto, la valutazione del Giudice regionale in ordine alla motivazione dell’avviso risulta essersi conformata ai predetti principi, rivelandosi, pertanto, corretta.