Imposta di soggiorno e stato di dissesto
È possibile applicare l'imposta di soggiorno anche nei Comuni in stato di dissesto poiché, trattandosi di una imposta di scopo istituita con vincolo legislativo, la sua possibilità di utilizzo, prevista per le attività stabilite dall'articolo 4 del Dlgs 23/2011 è compatibile con lo stato di dissesto dell'ente locale e, segnatamente, con l'articolo 259, comma 5, del Dlgs 267/2000, in quanto la prima norma, cronologicamente successiva alla disposizione del Tuel, deve essere coordinata con la precedente. Così si è espressa la Sezione del controllo della Corte dei conti per la Regione Sicilia con la deliberazione n. 154/2021.
Nel caso di specie, Il sindaco di un Comune, precisando che lo stesso si trovava in stato di dissesto, chiedeva se le entrate derivanti dall’imposta di possano essere utilizzate per finalità relative a servizi turistici offerti dal comune, quali: pulizia e decoro delle borgate marinare e del centro storico, stampa brochure e depliant per la promozione di itinerari turistici, attività di promozione e sostegno in favore di iniziative culturali quali concerti, spettacoli teatrali ecc., fiere e workshop, attività di formazione per giovani che intendono operare nell’ambito turistico.
Il Collegio chiarisce che “essendo l’imposta di soggiorno un tributo di scopo stabilito da un vincolo legislativo, i relativi proventi devono essere necessariamente destinati alle spese previste dalla suddetta norma di legge, in quanto anch’esse attinenti a servizi istituzionali dell’ente e ciò pur in costanza di una situazione di dissesto”. La possibilità di finalizzare determinate entrate derivanti dall’applicazione dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n.23 del 2011 a spese predefinite, in quanto deroga normativamente disposta al principio di unità del bilancio, non si pone in contrasto con i limiti e le finalità di cui all’art. 259, comma 5, del Tuel.
Inoltre, la Corte, accogliendo l’interpretazione estensiva del Consiglio di Stato, sezione V, n. 6644/2018 ritiene che l'imposta di soggiorno possa essere destinata alla copertura finanziaria di tutti i servizi pubblici locali offerti dal Comune alla collettività, quale ente pubblico a fini generali (per i Comuni l'articolo 13 del Dlgs 267/2000) e nell'ambito della cui azione amministrativa l'imposta di soggiorno per i non residenti si giustifica per via dell'aggravio di spesa per tali servizi derivanti dall'afflusso e dal soggiorno di popolazione non residente.
Si segnala che, tale orientamento che lascia la possibilità di estendere l'impiego del gettito non solo al campo del settore turistico, bensì anche al settore dei servizi pubblici locali generale si pone in contrasto con altro orientamento giurisprudenziale più restrittivo il quale sostiene che l’articolo 4 del Dlgs 23/2011 finalizzerebbe l'impiego del gettito ottenuto dall'imposta esclusivamente per il finanziamento diretto e immediato di interventi nel settore del turismo e di interventi connessi, mediante la previsione di un vincolo di destinazione incombente sulla relativa entrata.