Imposta di pubblicità e mezzi decorativi
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21043/2020 ha smentito la tesi della Commissione Tributaria Regionale, secondo cui ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale di pubblicità le vetrofanie apposte sulle vetrine del mini market in questione sono carenti di funzione pubblicitaria, trattandosi di anonime riproduzioni di alcuni articoli in vendita che non richiamano in alcun modo la denominazione sociale del contribuente, limitandosi a raffigurare cibo in genere.
La Corte di Cassazione ha evidenziato che costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti - indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione - obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l'attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica.
In tema di imposta sulla pubblicità, occorre distinguere i mezzi di comunicazione con il pubblico, soggetti ad imposizione, in quanto obiettivamente idonei a veicolare un messaggio, diretto ad una pluralità indeterminata di possibili acquirenti, che promuova l'immagine ovvero i prodotti e/o servizi di un'azienda da quelli aventi finalità meramente decorativa, per i quali detta imposta non trova invece applicazione. Nel caso di specie, la Corte ha osservato che le «grandi fotografie che coprono l'intera superficie delle vetrine di un supermercato e rappresentano cibi vari (latte, verdure, pane, formaggi, ecc.), materie prime, scene agresti, persone che cucinano, persone che consumano pasti in compagnia della famiglia o di amici» costituiscono immagini che inequivocabilmente promuovono l'attività dell'esercente e sono dirette a richiamare l'attenzione dell'eventuale acquirente, in quanto sono strettamente attinenti all'attività commerciale svolta all'interno del supermercato.