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Il termine di conclusione del procedimento ex art. 2 L. n. 241/1990 ha natura ordinatoria

Il Consiglio di Stato con pronuncia n. 2979/2024 del 30 marzo ha respinto l’appello con cui veniva richiesto l’annullamento di una sentenza del TAR che riteneva legittima la sanzione irrigata con provvedimento dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in cui l’appellante lamentava, tra l’altro, l’asserita violazione del termine di conclusione del procedimento.

Il Consiglio, nel ritenere detto motivo infondato, ha premesso che “il carattere della perentorietà del termine può essere attribuito ad una scadenza temporale solo da una espressa norma di legge” e che, pertanto, “in assenza di specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine va inteso come meramente sollecitatorio o ordinatorio, sicchè il suo superamento non determina l’illegittimità dell’atto”.

Il Collegio, inoltre, ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “l’individuazione del termine come perentorio – oltre che dalla definizione come tale – discende in primo luogo dalla ragione della sua introduzione, normalmente consistente nell’esigenza di celerità insita nella fase specifica del procedimento, in coerenza con la giurisprudenza prevalente, secondo cui, per i termini esistenti all’interno del procedimento amministrativo, il carattere perentorio o meno deve essere ricavato dalla loro ’ratio’” (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 10 del 2014) e “dalle specifiche esigenze di rilievo pubblico che lo svolgimento di un adempimento in un arco di tempo prefissato è indirizzato a soddisfare” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2023, n. 2354).

Il Consiglio di Stato, non ravvisando nel caso esaminato alcuna specifica necessità né alcuna legge di settore che classifichi il termine come perentorio, ha ritenuto applicabili i principi consolidati della giurisprudenza amministrativa, secondo cui “il termine di conclusione del procedimento di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 riveste, di regola, natura ordinatoria, con la conseguenza che il mancato rispetto del medesimo non vizia l’atto adottato (in ipotesi) tardivamente, salvo che la legge di settore lo qualifichi come perentorio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3307; principio ribadito anche per le sanzioni amministrative da Cass. civ., sez. lav., 6 settembre 2018, n. 21706 e sez. II, 18 aprile 2018, n. 9517).