Il nuovo PIAO - Piano integrato di attività e organizzazione
L'articolo 6 del DL 80/2021, appena convertito in legge, prescrive l'adozione di un Piano integrato di attività e di organizzazione, alle pubbliche amministrazioni con più di cinquanta dipendenti.
Come evidenziato dalla nota dell’Ufficio studi del Senato, tale Piano è di durata triennale (ed aggiornato annualmente) ed è chiamato a definire più profili: obiettivi della perfomance; gestione del capitale umano; sviluppo organizzativo; obiettivi formativi e valorizzazione delle risorse interne; reclutamento; trasparenza ed anti[1]corruzione; pianificazione delle attività; individuazione delle procedure da semplificare e ridisegnare; accesso fisico e digitale; parità di genere; monitoraggio degli esiti procedimentali e dell'impatto sugli utenti.
Il termine per l'adozione del Piano è il 31 gennaio di ogni anno -secondo modifica introdotta dal Senato: il testo originario prevedeva il termine del 31 dicembre 2021. Del pari, il Senato ha introdotto la previsione che la definizione del Piano avvenga assicurando una adeguata informazione alle organizzazioni sindacali.
Per le pubbliche amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti, il cogente obbligo di adozione del Piano non è posto, tuttavia il comma 6 dello stesso articolo 6 DL 80/2021 prevede che il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio definisca modalità semplificate, per l'adozione del Piano da parte delle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti.
Il medesimo Dipartimento adotta un Piano tipo (previa intesa in sede di Conferenza unificata) quale strumento di supporto alle amministrazioni.
Il Piano integrato di attività e di organizzazione è previsto avere durata triennale, con aggiornamento annuale. Le finalità (così prevede il comma 1) sono la qualità e la trasparenza dell'attività amministrativa; il miglioramento della qualità dei servizi prestati; la "costante e progressiva" semplificazione; la reingegnerizzazione dei "processi", anche in materia di diritto di accesso.
Permangono immutate le vigenti "discipline di settore". Pertanto il Piano non può incidere sulla configurazione di competenze e contenuti quale dettata dalla normativa che disciplini sul piano sostanziale i diversificati profili che lo vanno a comporre.
Compito del Piano è la definizione di più elementi, quali articolati dal comma 2.
Tali elementi sono così individuati:
a) gli obiettivi programmatici e strategici della performance.
Si ricorda che il ciclo di gestione della performance è stato oggetto di una disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 150 del 2009 ("Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico ed efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni", il quale ha dato sviluppo e sistematizzazione a indicazioni in tema di valutazione dei rendimenti e risultati dell'attività delle amministrazioni pubbliche, tratteggiate nel decreto legislativo n. 286 del 1999). L'articolo 10 di quel decreto legislativo n. 150 del 2009 tratta di un "Piano della performance" (e, a consuntivo, di una "Relazione sulla performance") quale documento programmatico triennale (definito dall'organo di indirizzo politico-amministrativo in collaborazione con i vertici dell'amministrazione e secondo gli indirizzi del Dipartimento della funzione pubblica), tale da individuare gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e definire, con riferimento agli obiettivi ed alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell'amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori. Parrebbe di ritenere che il Piano della performance previsto dalla disciplina vigente risulti 'assorbito' dal Piano integrato di attività e organizzazione che si viene a prevedere.
Modifica introdotta dal Senato aggiunge che entro il Piano, per il riguardo degli obiettivi della performance, si debba stabilire il "necessario collegamento" della performance individuale con i risultati di quella organizzativa complessiva.
b) la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo; gli obiettivi formativi annuali e pluriennali. Per il riguardo gestionale ed organizzativo, rileva altresì il ricorso al lavoro agile - disciplinato, si ricorda, dal Capo II della legge n. 81 del 2017, e ribadito innanzi alla situazione creatasi con l'epidemia da Covid-19 (per il lavoro pubblico, cfr. dapprima l'art. 18 del poi abrogato decreto-legge n. 9 del 2020; indi l'art. 87-bis inserito nel decreto-legge n. 18 del 2020, e l'articolo 263 del decreto-legge n. 34 del 2020, il quale ha previsto un Piano organizzativo del lavoro agile, quale sezione del Piano della performance; infine l'art. 11-bis trasposto nel decreto-legge n. 52 del 2021).
Quanto agli obiettivi formativi, essi sono da declinare secondo alcune finalità: completa alfabetizzazione digitale; sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali; accrescimento culturale e dei titoli di studio, correlati all'ambito d'impiego e alla progressione di carriera del personale. Una modifica introdotta dal Senato aggiunge che gli obiettivi formativi debbano essere "finalizzati ai processi della pianificazione secondo le logiche del project management".
c) strumenti e obiettivi del reclutamento di nuove "risorse" (si intende, risorse umane, di personale); valorizzazione delle risorse interne. È posta una clausola di compatibilità finanziaria, rispetto alle risorse riconducibili al Piano triennale dei fabbisogni del personale (previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001). Per quanto concerne la valorizzazione delle risorse interne, il Piano è tenuto a prevedere (beninteso nei limiti di legge) la percentuale di posizioni disponibili per le progressioni di carriera del personale, anche tra aree diverse, e le modalità di valorizzazione, a tal fine, dell'esperienza professionale maturata nonché dell'accrescimento culturale conseguito.
Su tale materia - tenuto altresì conto dell'evoluzione normativa che ha investito, per le pubbliche amministrazioni, la nozione di dotazione organica - è da considerare come esse siano tenute a redigere un Piano triennale dei fabbisogni di personale (oggetto degli articoli 6 e 6-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, come rivisitato dal decreto legislativo n. 75 del 2017). Invero, anche siffatto piano si direbbe confluire nel nuovo previsto Piano integrato di attività e organizzazione.
Quanto alla progressione 'verticale' di carriera del personale, la sua disciplina è recata dall'art. 52, comma 1-bis del decreto-legislativo n. 165 del 2001 (comma lì introdotto dal decreto legislativo n. 150 del 2009). Ad essa si è affiancata, in via derogatoria e temporalmente circoscritta (protratta al triennio 2020-2022 dall'art. 1, comma 1-ter del decreto-legge multi-proroghe n. 162 del 2019), la disciplina posta dall'art. 22, comma 15 del decreto legislativo n. 75 del 2017. Sulla materia interviene ora l'articolo 3, comma 1 del decreto legge 80/2021.
d) la strumentazione per giungere alla piena trasparenza - dei risultati, è stato aggiunto dal Senato - dell'attività e dell'organizzazione amministrative, nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anti-corruzione - secondo quanto previsto, aggiunge altra modifica introdotta dal Senato, dalla normativa vigente in materia ed in conformità agli indirizzi adottati dall'Autorità nazionale anticorruzione con il Piano nazionale anticorruzione.
Su questa materia, la legge n. 190 del 2012 ha dettato "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione". Vi figura la previsione (all'art. 1) di un Piano triennale di prevenzione della corruzione, che le pubbliche amministrazioni debbono adottare. Anche per questo riguardo, il Piano di prevenzione della corruzione previsto dalla disciplina vigente pare risultare 'assorbito' dal Piano integrato di attività e organizzazione che si viene a prevedere.
e) l'elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti; la pianificazione delle attività, inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure, effettuata attraverso strumenti automatizzati.
f) modalità ed azioni mirate per la piena accessibilità fisica e digitale alle amministrazioni, per i cittadini con più di sessantacinque anni di età e per i disabili.
g) modalità ed azioni per la piena parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.
Spetta infine al Piano integrato di attività e organizzazione - aggiunge il comma 3 - di definire le modalità di monitoraggio degli "esiti", con cadenza periodica, inclusi gli impatti sugli utenti.
Tra gli strumenti di rilevazione, è fatto richiamo a quelli relativi alla soddisfazione dell'utenza, previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009. Vedasi in particolare il suo art. 19-bis, relativo alla partecipazione dei cittadini al processo di misurazione della perfomance organizzativa nonché alla rilevazione del loro grado di soddisfazione verso attività e servizi resi dalle amministrazioni.
Da rilevare nel monitoraggio risultano inoltre i procedimenti attivati ai sensi del decreto legislativo n. 198 del 2009 - il quale, si ricorda, ha dato attuazione all'art. 4 della legge n. 15 del 2009 in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari pubblici. Il decreto legislativo n. 198 del 2009 ha previsto che i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possano diffidare le amministrazioni pubbliche ed i concessionari di servizi pubblici all'effettuazione degli interventi utili, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici. E ha previsto che qualora l'amministrazione o il concessionario non abbiano provveduto, o abbiano provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata, il diffidante possa agire in sede giurisdizionale.
Il comma 4 dispone circa la pubblicità del Piano integrato di attività e di organizzazione. Le pubbliche amministrazioni pubblicano il Piano (e i relativi aggiornamenti) entro il 31 gennaio di ogni anno sul proprio sito istituzionale. E lo inviano al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, per la pubblicazione sul relativo portale.
Il comma 5 demanda ad uno o più regolamenti governativi (decreti del Presidente della Repubblica), previa intesa in sede di Conferenza unificata, l'individuazione degli adempimenti assorbiti nel Piano, pertanto da ritenersi abrogati nella loro previsione originaria. Il termine per l'adozione di tali atti è: entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge (secondo modifica introdotta dal Senato, rispetto all'originaria previsione di sessanta giorni).
La mancata adozione del Piano è oggetto di sanzioni, delle quali tratta il comma 7. In particolare, trovano applicazione in tal caso le sanzioni previste (lì con riferimento al Piano della performance) dall'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 150 del 2009. Vale a dire è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risultino avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell'adempimento dei propri compiti. Né l'amministrazione può procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati.
Nei casi poi in cui la mancata adozione del Piano dipenda da omissione o inerzia dell'organo di indirizzo politico-amministrativo della singola amministrazione, l'erogazione dei trattamenti incentivanti e delle
premialità è fonte di responsabilità amministrativa del titolare dell'organo che ne abbia dato disposizione e che abbia concorso alla mancata adozione del Piano.
Ancora il comma 7 tiene ferma l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 19, comma 5, lettera b) del decreto-legge n. 90 del 2014 - il quale dispone l'applicazione - salvo che il fatto costituisca reato - di una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a 1.000 euro e non superiore nel massimo a 10.000 euro, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l'adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione e di trasparenza.
Chiude clausola di invarianza delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, posta dal comma 8. Una modifica introdotta dal Senato aggiunge la previsione che gli enti locali con meno di 15.000 abitanti provvedano al monitoraggio dell'attuazione del presente articolo circa la pianificazione integrata di attività e di organizzazione, nonché al monitoraggio delle perfomance organizzative, anche attraverso l'individuazione di un ufficio associato, tra quelli esistenti in ambito provinciale e metropolitano, secondo le indicazioni delle Assemblee dei sindaci e delle Conferenze metropolitane.