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Il grave illecito professionale rileva sia nell’esecuzione del contratto pubblico che privato

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 7361/2024, decidendo in merito alla contestazione di un grave illecito professionale a seguito del quale veniva disposta la revoca dell’aggiudicazione motivata dall’interdittiva comminata dal giudice penale ai sensi dell’art. 290 c.p.p. in relazione a gravi indizi di colpevolezza “per avere l’impresa, in aperta violazione di specifiche disposizioni impartite dall’autorità amministrativa, riguardanti le modalità di stoccaggio e trattamento dei rifiuti”, ha confermato la decisione di primo grado, stabilendo che a nulla rileva che l’illecito sia stato commesso nell’esecuzione di un contratto privato e non pubblico.

Nella tesi dell’appellante, tra le varie censure tutte giudicate infondate, il TAR avrebbe errato nel ritenere rilevanti anche accadimenti occorsi nella esecuzione di contratti privati sostenendo che “il grave illecito professionale” dovrebbe, inoltre, essere in ogni caso riconducibile ad accadimenti o condotte occorsi nell’ambito dell’esecuzione di contratti.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto la doglianza relativa alla necessità di collegamento tra il “il grave illecito professionale” e l’esecuzione di un contratto infondata sottolineando che “l’art. 50, lettera c) - nella riformulazione introdotta dall'art. 5 del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito nella legge n. 12 del 2019 - (“la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;”) non richiede un siffatto collegamento che caratterizza invece la distinta ipotesi di cui alla lettera c) ter secondo cui le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni “l'operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa;”.

A parere del Collegio a maggior ragione, pertanto, non rileva che la condotta sintomatica sia emersa nell’ambito dell’esecuzione di un contratto pubblico piuttosto che privato.

Richiamando la propria giurisprudenza, il Consiglio ha chiarito poi che la nozione di “grave illecito professionale” “ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di gravi illeciti professionali” (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503).

Il giudice del gravame ha, pertanto, ritenuto corretta la motivazione del TAR nella parte in cui precisa che: “l’attuale configurazione della disposizione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. 15 aprile 2016 n. 16, non impone affatto che il fatto costitutivo dell’illecito debba essere forzatamente riconducibile ad un rapporto contrattuale con una soggetto pubblico, ben potendo derivare da fatti di natura organizzativa o dallo svolgimento di altre tipologie di attività comunque imputabili al concorrente, fossero anche riferibili a rapporti contrattuali di natura privata sottolineando, inoltre, chenessuna limitazione tipologia esiste in merito alla individuazione dell’illecito professionale che così il legislatore intende rimettere al prudente apprezzamento della stazione appaltante (T.A.R. Lazio Roma , sez. III , 14 agosto 2019 n. 10533)”.