Il Consiglio di Stato interviene su parere di precontenzioso ANAC e principio di rotazione
Con sentenza n. 1385 del 12 febbraio 2024 la Sezione V del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito al carattere vincolante o meno del parere di precontenzioso di ANAC sull’applicazione del principio di rotazione.
La controversia oggetto della succitata sentenza riguarda una procedura negoziata tra cinque operatori economici – da selezionare previa manifestazione di interesse ed eventuale sorteggio - per l’affidamento in concessione del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e viabilità post incidente nel proprio territorio. Il criterio utilizzato è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La questione esaminata trae origine dalla richiesta di parere di precontenzioso ad ANAC ai sensi dell’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016 in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione del principio di rotazione e per la conseguente esclusione dalla procedura di gara della Società (ultima affidataria del servizio) che era risultata prima in graduatoria.
L’ANAC in particolare nel proprio parere ha sostenuto che:
- la procedura negoziata non è assimilabile ad una procedura aperta e che, pertanto, ricade nell’ambito di applicazione del principio di rotazione;
- la clausola dell’avviso va interpretata come riferita all’ultimo concessionario del servizio, a prescindere dalle modalità con cui lo stesso gli è stato affidato.
In ossequio al parere rilasciato la stazione appaltante ha disposto l'esclusione dell’operatore, contro cui è stato presentato ricorso il quale è stato respinto dal TAR per tardività e conseguente inammissibilità per carenza di interesse.
Il Consiglio di Stato adito in appello ha evidenziato che in merito agli effetti e all’impugnabilità della delibera Anac resa ex art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016 nel caso in cui vi abbia aderito solo una parte (nel caso esaminato l’Amministrazione) si confrontano due orientamenti.
Secondo un primo orientamento, seguito dal Giudice di prime cure, la delibera Anac è immediatamente lesiva e quindi autonomamente impugnabile (senza attendere il conseguente provvedimento dell’Amministrazione) ciò in ragione dell’obbligo che viene assunto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 211 del d.lgs. n. 50 del 2016 andando a ledere l’interesse anche dell’operatore che non vi abbia aderito, infatti, la valutazione dell’Anac è destinata ad essere recepita dall’Amministrazione nelle proprie determinazioni.
Il fondamento di questa prima tesi deve essere ricercato nello stesso art. 211 del d.lgs. n. 50 del 2016, che non condiziona il carattere vincolante e l’impugnabilità del parere all’adesione di tutte le parti all’istanza di precontenzioso.
L’opposta tesi si rinviene in alcune pronunce della medesima Sezione V del Consiglio di Stato.
In particolare deve “ritenersi che l’onere di immediata impugnazione previsto dalla disposizione in esame vada circoscritto alla sola ipotesi in cui tutte le parti interessate abbiano preventivamente prestato il consenso ad attenersi al parere dell’ANAC” (Cons. St., sez. V, 29 marzo 2021 n. 2585).
Con la pronuncia n. 253 dell’8 gennaio 2024 la Sezione V, inoltre, ha ritenuto il parere di precontenzioso Anac “non vincolante nel caso di specie, atteso che l’iniziativa era stata intrapresa non dalla stazione appaltante, bensì da operatori del mercato, non sussistendo, quindi, il presupposto del previo assenso alla sua efficacia vincolante da parte dei soggetti titolari di posizioni giuridiche confliggenti, tra le quali è insorta la questione giuridica oggetto dell’istanza di parere”.
La tesi poggia sull'art. 4 comma 1 del regolamento dell’Anac “in materia di pareri di precontenzioso di cui all'art. 211 Dlgs 50/2016”, in base al quale quando “l'istanza è presentata singolarmente dalla stazione appaltante o da una parte interessata, il parere reso è da intendersi non vincolante”.
Viene poi richiamata a sostegno di questo secondo orientamento quanto stabilito dalla sentenza n. 1620 del 2022 con cui la Sezione V ha ritenuto che “il parere reso dall'ANAC ai sensi dell'art. 211 del D.Lgs. n. 50 del 2016 non è vincolante per le parti che non abbiano previamente acconsentito ad attenersi a quanto da esso stabilito, come avvenuto nell’ipotesi di specie, laddove solo il Comune […] aveva previamente manifestato la volontà di volere aderire al parere dell’ANAC”.
Il fondamento normativo si rinviene nuovamente nell’art. 211 comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016, in particolare laddove stabilisce che “Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito”.
Il Collegio ritiene che nel caso oggetto della controversia, indipendentemente dall’orientamento da seguire, in ogni caso il ricorso introduttivo non sia tardivo, infatti, se si aderisce alla tesi secondo cui il parere reso dall’Anac non è vincolante in mancanza del consenso di tutte le parti o comunque vincolante solo la parte che vi ha aderito, il ricorso in oggetto è stato proposto nel rispetto del termine di decadenza con decorrenza dalla data del provvedimento comunale escludente e quindi tempestivo.
Ritenendo, invece, valida la tesi seguita dal Giudice del primo grado, secondo cui il ricorso avrebbe dovuto essere presentato nel termine di decadenza con dies a quo il parere Anac, deve comunque ritenersi applicabile l’istituto dell’errore scusabile.
Il Collegio, infatti, evidenzia che “La rimessione in termini per errore scusabile mira a evitare che le intervenute decadenze per decorso dei termini perentori possano danneggiare la parte che vi sia incorsa senza colpa; la sua concedibilità presuppone, pertanto, una situazione normativa confusa oppure uno stato di incertezza per l'oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma o, ancora, per contrasti giurisprudenziali esistenti o per il comportamento equivoco, contraddittorio o comunque non lineare dell'amministrazione, idoneo ad ingenerare convincimenti non esatti o, comunque, un errore non imputabile al ricorrente” (Cons. st., sez. VII, 8 febbraio 2023 n. 1410) ed alla luce del fatto che nel caso di specie la giurisprudenza non è univoca ha concluso di ritenere tempestivo il ricorso introduttivo.
Il Collegio, inoltre, ha sottolineato che la giurisprudenza della medesima Sezione ha deciso nelle precedenti occasioni nel senso di consentire al privato di attendere il provvedimento dell’Amministrazione successivo al parere Anac prima di presentare ricorso, la decisione della parte di attendere ad impugnare il parere Anac non è censurabile.
Passando ora alle questioni di merito il Consiglio di Sato ha invece ritenuto legittima l’esclusione posto che la procedura in esame è una procedura negoziata ai sensi dell’art. 1 comma 2 lett. b) d.l. n. 76 del 2020 che ha ad oggetto una “procedura negoziata, senza bando, di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”.
La procedura su cui verte la controversia non è quindi aperta, non offrendo a chiunque sia interessato ed abbia i requisiti di presentare l’offerta, ma limitata solo a chi è stato invitato indipendentemente dalla modalità con la quale sono stati scelti gli invitati (nel caso in esame il sorteggio).
Secondo il Collegio “il dato rilevante è costituito dal fatto che la procedura sia aperta, o meno” infatti la causa ostativa all’applicazione del principio di rotazione è rappresentata proprio dal fatto che la gara sia aperta non ricorrendo la ratio che caratterizza il principio di rotazione che, in attuazione del principio di concorrenza (nella dimensione temporale), ha la finalità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, esigenza che non viene in rilievo allorché la stazione appaltante decida di non introdurre alcun sbarramento al numero degli operatori da invitare alla procedura negoziata all’esito dell’indagine di mercato (Cons. St., sez. V, 24 maggio 2021 n. 3999).
Il Collegio, infine, specifica che per il principio di rotazione, come interpretato dalla giurisprudenza, a nulla rileva che il precedente affidamento sia il risultato di un’aggiudicazione in quanto ad essere rilevante è piuttosto il soggetto che ha svolto quel determinato servizio indipendentemente dal criterio a suo tempo utilizzato per scegliere il precedente affidatario.
La giurisprudenza ritiene infatti che “non sono ostative all’applicazione del principio di rotazione, con conseguente divieto per il gestore uscente di essere inviato a concorrere per il affidamento, le modalità con cui quello precedente gli è stato attribuito e le caratteristiche dello stesso, ivi compresa la durata” (Cons. St., sez. V, 2 luglio 2002 n. 4252).
Secondo il Consiglio di Stato poi, la circostanza che la lex specialis faccia riferimento “all’ultima procedura di affidamento aggiudicata nel triennio antecedente” non deve essere interpretata nel senso che deve essersi svolta la procedura di aggiudicazione nell’ultimo triennio ma che deve essere stato svolto il servizio in quel lasso temporale, altrimenti “un principio posto a tutela della concorrenza, come il principio di rotazione, andrebbe ad avvantaggiare i soggetti che hanno ottenuto il servizio senza gara”.