I depositi collegati alla produzione dei rifiuti speciali pagano comunque la quota fissa TARI
La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 23137 del 31 luglio 2023 ha rilevato che la superficie destinata a depositi funzionalmente collegati all'attività di produzione dei rifiuti speciali è assoggettata alla quota fissa della TARI.
Il comma 649 art. 1 Legge 147/2013 dispone che nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Secondo la Corte di Cassazione quindi l’esenzione di cui sopra riguarda la quota variabile della tariffa, mentre la quota fissa non è riducibile in caso di locali dedicati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani per il cui smaltimento il contribuente provvede autonomamente tramite un operatore qualificato.