I contributi per gli amministratori liberi professionisti sono dovuti anche qualora non sospendano l’attività professionale
Su richiesta degli enti riproponiamo una precedente news molto attuale in tema di contributi agli amministratori locali professionisti, sui cui è uscito nei giorni scorsi anche un orientamento dell'Osservatorio per la finanza locale.
Come è noto l’art. 86 D.lgs. 267/2000 prevede che “Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico” ed il citato comma 1 del medesimo articolo stabilisce che “l'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti”.
La magistratura contabile per lungo tempo ha ritenuto che non sussisteva il diritto al versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi gli amministratori lavoratori autonomi, che in concreto non avevano sospeso l’attività professionale o lavorativa in costanza del mandato amministrativo (cfr. ex multis, Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr., Molise, par. 17 febbraio 2016, n. 32; Corte dei Conti Sez. Reg. Contr., Liguria, par. 21 gennaio 2019 n. 21).
Sul punto già l’anno scorso è intervenuta la Corte di Cassazione che, ribaltando il citato orientamento, con sentenza n. 24615/2023 stabiliva che “per i liberi professionisti impegnati in funzioni pubbliche elettive, la tutela al mantenimento del posto di lavoro – da intendersi estensivamente come mantenimento dell’attività lavorativa – diviene effettiva solo se agli stessi, da un lato, è consentita la prosecuzione degli incarichi professionali e, dall’altro, è attribuito il beneficio previdenziale in discussione, a compensazione della ridotta capacità di contribuzione” consentendo, pertanto, la prosecuzione dell’attività professionale e il versamento in capo all’ente degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi.
Nel medesimo solco interpretativo si pone la recente sentenza sempre della Suprema Corte n. 18396/2024 del 5 luglio la quale ha stabilito che la ratio dell’art. 86 comma 2 del D.lgs. 267/2000 deve essere ricercata nell’attuazione del principio di cui all'art. 51, co.3, Cost. e cioè nel “sostegno dell’Ordinamento ai soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive, cui deve essere garantito il diritto di dedicare, ad esse, il tempo necessario al loro adempimento, senza pregiudizio delle relative prerogative previdenziali e assistenziali”.
Il Giudice di legittimità ha ribadito il principio espresso nel 2023 (sopra riportato) dando seguito all’orientamento indicato dalla stessa Corte di Cassazione concludendo, pertanto, che per gli amministratori lavoratori autonomi deve essere consentita la prosecuzione dell’attività professionale ed attribuito il beneficio previdenziale ex art. 86 comma 2 del D.lgs. 267/2000 a compensazione di una ridotta capacità di contribuzione dovuta al tempo dedicato alla carica.