Gli accordi tra PA non sempre sfuggono all’IVA
Interessante Risposta (n. 576/2021) dell’Agenzia delle entrate in merito all’assoggettamento ad IVA dei contributi aggiuntivi versati dai Comuni ad una Associazione da loro costituita per lo svolgimento di studi e servizi specifici, nell’ambito di un accordo tra amministrazioni riconducibile all’art. 15 della L. 241/1990.
L’Agenzia delle entrate, a differenza di quanto prospettato dall’Associazione, ritiene sussistente il presupposto oggettivo, non rilevando la natura dell’accordo di collaborazione, quanto il nesso tra il contributo aggiuntivo e l’attività prestata. In particolare, precisa che “… le predette specifiche attività, previste dallo Statuto (art. 2), vengono rese dall'istante a titolo oneroso, ossia nell'ambito di un rapporto a prestazioni corrispettive e quindi di natura sinallagmatica, esistendo un nesso diretto fra le stesse prestazioni fornite e le somme ricevute, a nulla rilevando sia la circostanza che tali somme siano inferiori al prezzo di costo e sia che le prestazioni fornite siano finalizzate al perseguimento di un interesse pubblico”. La sussistenza del presupposto oggettivo deve essere ravvisata anche nel caso in cui gli accordi siano conclusi ai sensi dell’art. articolo 5, comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto attività equiparabile a quella delle società in house.
L’Associazione riteneva, viceversa, non sussistente il presupposto oggettivo in quanto è assente la natura di corrispettivi a carattere oneroso delle somme previste dagli accordi di cui al citato art. 15, che assumono piuttosto la natura di mere movimentazioni finanziarie, a parziale ristoro (in quanto non riescono neanche a coprire interamente i costi) dell'onere finanziario sostenuto nello svolgimento dell'attività istituzionale.
La conclusione discende anche dal parere di diritto amministrativo - citato dall'interpellante e allegato all'istanza - che fa rientrare l'attività dell’Associazione, svolta a fronte del contributo aggiuntivo, nell'ambito dell’articolo 15 della legge n. 241 del 1990, in quanto attività analoga a quella delle società in house, le quali non ricadono nella disciplina del Codice degli appalti pubblici.
Conclude quindi l’Agenzia delle entrate che “Per le suesposte considerazioni… si ritiene che nella fattispecie in esame sussista il presupposto oggettivo ai fini della disciplina Iva”, ma “Per completezza, si precisa che non si formulano osservazioni in merito alla sussistenza del presupposto soggettivo, poiché non costituisce quesito presente nell'istanza in esame.”
Negli accordi tra pubbliche amministrazioni potrebbe essere carente il presupposto soggettivo. Infatti, in base alla normativa nazionale e comunitaria, il presupposto oggettivo (operazione a titolo oneroso) si verifica quando sussiste un nesso sinallagmatico tra prestazione e corrispettivo, anche senza la copertura integrale dei costi. Viceversa, nel caso di esercizio di attività istituzionali da parte degli enti pubblici secondo strumenti tipici (v. diritto amministrativo/pubblica autorità) manca direttamente il presupposto soggettivo (esercizio di imprese), così come anche nel caso in cui si sostengano costi per l’attività ben più elevati rispetto al contributo richiesto all’utenza (v. Sentenza Cass. n. 11946/2012).
Il presupposto soggettivo in capo alle società in house è sempre verificato in quanto società commerciali, mentre negli enti non commerciali risulta molto più sfumato. Per quanto riguarda le associazioni, rileva tuttavia l’art. 4 del DPR 633/1972 in base al quale “…Si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto” salvo particolari tipi di associazioni e adozione di clausole statutarie.
Nel caso di specie, è possibile che il riferimento all'art. 15 L. 241/1990 sia stato utilizzato per l'affidamento in deroga al Codice dei contratti pubblici, senza influenzare la natura dei rapporti tra le parti, discendenti da strumenti di diritto privato, quali lo Statuto e le convenzioni, confermando però la difficoltà ad inquadrare ai fini IVA i rapporti tra e con gli enti locali.