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Fondo garanzia debiti commerciali, ultimo giorno

Bisogna provvedere entro il 28 febbraio con delibera di Giunta ad accantonare a fondo garanzia debiti commerciali quanto previsto dall’art. 1 comma da 858 a 872 della Legge 145/2018. Tale obbligo riguarda gli enti locali che hanno un indicatore sui ritardi dei pagamenti positivo oppure non hanno ridotto lo stock del debito commerciale scaduto al 31.12.2021 di almeno il 10% dello stesso stock di debito al 31.12.2020 oppure hanno un debito commerciale scaduto superiore al 5% delle fatture ricevute.

Lo scopo della norma è evidente: migliorare la liquidità degli enti in difficoltà di cassa, imponendo un accantonamento che naturalmente non potrà sfociare né in impegno, né in pagamento, migliorando quindi la giacenza di cassa, utile a pagare debiti. Oltre a migliorare la giacenza di cassa, l’accantonamento ha l’effetto positivo di ridurre gli interessi passivi (legittimi) sulle anticipazioni di tesoreria, visto il minore ricorso a tale strumento, e di evitare interessi (non assorbili dall’ente locale e quindi da ribaltare sui dipendenti) di mora applicati dai fornitori.

L’accantonamento in conto competenza a Fondo garanzia debiti commerciali confluirà in avanzo accantonato e lì rimarrà fino a quando l’ente locale non avrà raggiunto gli obiettivi previsti dalla norma sul punto.

Per dichiararsi virtuosi, gli enti locali devono aver centrato entrambi gli obiettivi, ovvero sia avere indicatore sui ritardi nei pagamenti inferiore a zero, sia avere stock del debito sotto i parametri di cui sopra. Per raggiungere l’obiettivo dello stock del debito si possono seguire alternativamente una delle due soluzioni sopra evidenziate. Importante, per non dover accantonare, è dimostrare di aver centrato entrambi gli obiettivi

Gli enti che hanno già approvato il bilancio 2022-2024 e non hanno ancora inserito tale stanziamento in Missione 20 programma 3, devono aumentare spesa (l’accantonamento appunto) e ridurre spesa o, per chi può permetterselo (ma appare molto difficile intervenire già adesso a febbraio) aumentare entrata e aumentare spesa. Stessa cosa devono fare gli enti in esercizio provvisorio o in gestione provvisoria, visto l’art. 9 comma 2 del DL 152/2021. E' possibile che l'ente abbia già stanziato tale accantonamento in sede di formazione del bilancio 2022-2024, ma anche in tale caso deve essere effettuata deliberazione di Giunta che dimostri e quantifichi l'operazione fatta, ai sensi del comma 862 art. 1 Legge 145/2018.

Il calcolo del ritardo medio dei pagamenti non può più essere fatto con i dati della contabilità, ma solo con quelli della PCC ora Area RGS. L’utilizzo dei dati contabili è invece consentito, solo per gli anni 2022 e 2023, per il calcolo della riduzione dello stock del debito commerciale.

Come si calcola l’accantonamento.

Ai sensi del comma 862 art. 1 Legge 145/2018 e smi, gli enti locali stanziano nella parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato Fondo di garanzia debiti commerciali, sul quale non è possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota accantonata del risultato di amministrazione, per un importo pari:

a) al 5 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, in caso di mancata riduzione del 10 per cento del debito commerciale residuo oppure per ritardi superiori a sessanta giorni, registrati nell'esercizio precedente;

b) al 3 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra trentuno e sessanta giorni, registrati nell'esercizio precedente;

c) al 2 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra undici e trenta giorni, registrati nell'esercizio precedente;

d) all'1 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra uno e dieci giorni, registrati nell'esercizio precedente.

Il successivo comma 864 dispone che nel corso dell'esercizio l'accantonamento al Fondo di garanzia debiti commerciali di cui al comma 862 è adeguato alle variazioni di bilancio relative agli stanziamenti della spesa per acquisto di beni e servizi e non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione. Il Fondo di garanzia debiti commerciali accantonato nel risultato di amministrazione è liberato nell'esercizio successivo a quello in cui sono rispettate le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 859.

Quali sono le somme che hanno specifico vincolo di destinazione? La Corte dei Conti Campania, con deliberazione 4/2022, è recentemente intervenuta, rilevando che occorre considerare i vincoli di cassa, non i vincoli di competenza.

Riportiamo i passaggi più rilevanti della citata deliberazione Corte Conti Campania:

la percentuale di accantonamento al FGDC, determinata secondo i criteri divisati dal comma 862, va applicata sugli stanziamenti riguardanti “la spesa per acquisto di beni e servizi” al netto degli “stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione”.

Occorre, pertanto, defalcare dagli stanziamenti riguardanti la spesa per l’acquisizione di beni e servizi quegli stanziamenti correlati a risorse con “specifico vincolo di destinazione”. Sull’importo risultante dopo tale operazione va applicata la percentuale di accantonamento al FGDC stabilita in base ai criteri fissati nelle lettere da a) a d) del comma 862.

Occorre tuttavia precisare, con riferimento agli enti locali, il senso da attribuire all’esclusione di tali stanziamenti dal monte spesa per acquisto di beni e servizi. Si tratta di una precisazione che può incidere in modo significativo sulla esatta quantificazione del FGDC. A tal fine, appare dirimente, ad avviso del Collegio, l’individuazione della ratio legis. Ed è proprio tale ratio – consistente nell’approntare “strumenti adeguati in relazione alla finalità di indurre l'ente a conseguire giacenze di cassa proprio per estinguere le obbligazioni che esso ha assunto” che deve orientare l’interprete nel dipanare i dubbi. Considerata la ratio sottesa all’istituzione del Fondo de quo, il Collegio ritiene che l’esclusione di cui al citato comma 863, concernente “gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione”, si riferisca alle sole ipotesi in cui il regime vincolistico opera anche in termini di cassa, oltre che di competenza.

La sussistenza di un vincolo anche in termini di cassa rende, infatti, ragionevole l’esclusione dal monte degli stanziamenti di spesa per acquisizione di beni e sevizi di quelle spese “che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione”, in quanto l’esigenza di un accantonamento a garanzia del pagamento dei debiti commerciali, in tale caso, è attenuata dalla sussistenza di un regime vincolistico operante anche in termini di cassa.

Come è noto, secondo l’indirizzo espresso dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione n. 31/SEZAUT/2015/INPR, con riferimento alle entrate vincolate, “occorre distinguere tra entrate vincolate a specifica destinazione, individuate dall’art. 180, comma 3, lett. d) del Tuel; entrate vincolate ai sensi dell’art. 187, comma 3 ter, lett. d); entrate con vincolo di destinazione generica”.

Secondo l’insegnamento della Sezione della Autonomie, la cassa vincolata è alimentata dalle entrate che abbiano un vincolo specifico ad una determinata spesa stabilito per legge, per trasferimenti o per prestiti (indebitamento) e solo in tali limiti si può formare il vincolo, in osservanza del principio generale di unità del bilancio, che rimane prevalente in tutte le fasi di programmazione, gestione e rendicontazione del settore pubblico.

Per tale ragione, “il regime vincolistico della gestione di cassa (…) è caratterizzato dall’eccezionalità delle ipotesi, che devono essere circoscritte a quelle indicate dall’art. 180, comma 3, lett. d) e dall’art. 185, comma 2, lett. i)” del TUEL”.