FAQ raccolta rifiuti ed emergenza COVID
L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha diffuso le FAQsui problemi relativi alla raccolta dei rifiuti urbani connessi all'emergenza Covid.
Tra le altre FAQ emergono le FAQ sul trattamento dati da parte degli enti locali nell’ambito dell’emergenza sanitaria:
- Come devono essere trattati i dati dei soggetti destinatari dei servizi comunali di supporto alla popolazione attivati per l’emergenza Covid-19?
I servizi assistenziali comunali a favore della popolazione (es. consegna di beni di prima necessità o di farmaci) possono essere offerti su richiesta degli interessati, pubblicizzando, con i canali ritenuti più efficaci, le modalità di attivazione del servizio (ad es. numero verde), senza raccogliere, dunque, gli elenchi dei soggetti posti in isolamento domiciliare tenuti dalle Aziende Sanitarie competenti.
In primo luogo, infatti, non tutti i soggetti in isolamento domiciliare potrebbero essere interessati a fruire di tali servizi, poiché tali esigenze potrebbero, ad esempio, essere assolte dalla famiglia o da altre reti sociali scelte dall’interessato.
In secondo luogo, la modalità di attivazione “a richiesta” dei servizi citati potrebbe garantirne la fruizione anche ai soggetti che, pur non essendo in isolamento domiciliare, sono maggiormente a rischio di contagio o non possono usufruire di reti familiari o sociali (anziani, invalidi, malati cronici).
2. Come devono essere trattati i dati dei soggetti destinatari dei contributi economici comunali?
Ai fini dell’attribuzione delle risorse economiche ai soggetti che versano in condizioni di difficoltà economiche nel contesto dell’emergenza Covid-19, i Comuni hanno predisposto dei moduli con cui autocertificare il possesso dei requisiti previsti per ottenere le misure di sostegno. Tali moduli devono prevedere la raccolta dei soli dati indispensabili alla verifica dei presupposti (es. reddito, fruizione di altri aiuti, composizione nucleo familiare, etc.) e non anche informazioni non necessarie o non pertinenti per ottenere il beneficio richiesto.
Con specifico riferimento ai cd. buoni spesa, alcuni bandi rivolti agli esercizi commerciali prevedono il rimborso del valore nominale dei buoni a fronte della presentazione, da parte degli esercenti, di adeguata documentazione giustificativa (es. buoni spesa in originale e/o gli scontrini fiscali per cui il rimborso è richiesto).
In tale ipotesi, piuttosto che presentare direttamente gli scontrini con i dettagli di spesa, si ritiene preferibile che l’esercizio commerciale presenti un’autodichiarazione sulla conformità dell’utilizzo dei buoni di cui chiede il rimborso, con contestuale impegno a conservare gli scontrini per gli eventuali controlli che il Comune riterrà di effettuare. In tal modo si evita la produzione sistematica di documentazione di dettaglio che, associata all’identità del beneficiario del buono, comporterebbe la comunicazione di dati personali, anche di natura particolare (ad es. acquisti di prodotti alimentari specifici, etc.).
3. Possono essere pubblicati i dati relativi ai destinatari di contributi di natura economica o di altri benefici (es. buoni spesa)?
La normativa sulla trasparenza stabilisce l’obbligo di pubblicazione, fra l’altro, dei nominativi dei soggetti destinatari in generale di benefici economici superiori a mille euro nel corso dell’anno solare (quali sovvenzioni, contributi, sussidi o altri vantaggi economici), fermo restando il divieto di diffusione di nel caso in cui da tali dati “sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute [o] alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati" (art. 26, comma 4, d. lgs. n. 33/2013).
Si tratta di un divieto funzionale alla tutela della dignità, dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati, al fine di evitare che soggetti in condizioni disagiate – economiche o sociali – soffrano l’imbarazzo della diffusione di tali informazioni, o possano essere sottoposti a conseguenze indesiderate a causa della conoscenza da parte di terzi della particolare situazione personale.
Nel caso di benefici economici superiori a mille euro nell’anno solare, spetta all’ente locale, titolare del trattamento, valutare quando le informazioni di contesto rivelino dati sulla salute ovvero l’esistenza di un disagio economico o sociale dell’interessato e non procedere, di conseguenza, alla pubblicazione di dati o altre informazioni idonee ad identificarlo. In ogni caso, nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati rispetto alla finalità perseguita, non risulta giustificato pubblicare dati quali, l’indirizzo di abitazione o la residenza, il codice fiscale, le coordinate bancarie dove sono accreditati i contributi o i benefici economici (codici IBAN), la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce dell’equivalente-Isee, l’indicazione di analitiche situazioni reddituali, di condizioni di bisogno o di peculiari situazioni abitative, etc.
4. È possibile diffondere i dati identificativi delle persone positive al Covid-19 o che sono state poste in isolamento?
La disciplina vigente vieta la diffusione dei dati relativi alla salute. Tale divieto non è stato derogato dalla normativa d’urgenza sull’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Pertanto, le aziende sanitarie, le prefetture, i comuni e qualsiasi altro soggetto pubblico o privato non possono diffondere, attraverso siti web o altri canali, i nominativi dei casi accertati di Covid-19 o dei soggetti sottoposti alla misura dell’isolamento per finalità di contenimento della diffusione dell’epidemia o per il contrasto di “fake news”.
5. Chi può trattare i dati dei soggetti in isolamento per verificare il rispetto di tale misura?
L’attività di sorveglianza sanitaria dei soggetti posti in isolamento domiciliare consiste in un intervento di sanità pubblica, che deve essere realizzato da operatori sanitari in grado di valutare, in relazione alle condizioni di salute del soggetto, gli interventi sanitari più opportuni. Le disposizioni d’urgenza adottate pongono infatti in capo a “l'operatore di sanità pubblica” l’obbligo di provvedere “a contattare, quotidianamente, per avere notizie sulle condizioni di salute, la persona in sorveglianza” (art. 3, comma 6, d.p.c.m. 8 marzo 2020; art. 2, comma 6, d.p.c.m. 4 marzo u.s.).
Le prefetture, che hanno il compito di controllare che la misura dell’isolamento domiciliare sia effettivamente rispettata, possono avvalersi delle forze di polizia, deputate -eventualmente- anche ad adottare i provvedimenti sanzionatori connessi al mancato rispetto delle predette misure di isolamento.
Le forze di polizia locale possono venire a conoscenza dei dati identificativi dei soggetti posti in isolamento, qualora la Prefettura deleghi loro la predetta attività di controllo. In tal caso, la Prefettura potrà comunicare alla polizia locale insistente sul territorio comunale, i dati dei soggetti nei cui confronti ha delegato l’attività di controllo sul rispetto della misura di isolamento domiciliare.
6. Quali dati personali possono essere trattati dalla polizia locale nell’ambito dei controlli su strada?
La verifica sull’attuazione delle misure emergenziali è assicurata dalle Prefetture avvalendosi delle Forze di polizia, tra le quali la polizia locale (artt. 3 e 5 l. n. 65/1986).
Il personale di polizia locale preposto ai controlli su strada deve anche assicurare il rispetto delle restrizioni dei movimenti delle persone sul territorio, effettuando il controllo delle autodichiarazioni, rese dai cittadini, provvedendo anche all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni amministrative o, nei casi più gravi, alla trasmissione delle notizie di reato alle autorità competenti.
Gli accertamenti sulla veridicità delle dichiarazioni - rese ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. 445/2000 sul modello ministeriale - riguardano anche la dichiarazione di “non essere sottoposto alla misura della quarantena ovvero di non essere risultato positivo al COVID-19” e devono poter essere effettuati, da tutte le forze di polizia, sui dati aggiornati tenuti dalle Aziende sanitarie competenti.
In ragione della gravità delle conseguenze che possono derivare agli interessati dall’esito di tali verifiche, della temporaneità delle misure di isolamento e della variabilità delle stesse (per es. a seguito di tampone negativo), tali controlli devono essere necessariamente effettuati con modalità che garantiscano l’esattezza dei dati e il loro aggiornamento. Devono, pertanto, essere implementate soluzioni che consentano a tutte le Forze di polizia la possibilità di interrogare puntualmente i predetti elenchi con riferimento alla presenza della misura dell’isolamento domiciliare nei confronti del soggetto controllato. Nulla osta che tale interrogazione sia fatta presso ciascuna delle strutture sanitarie dislocate sul territorio ovvero, in modo coordinato, presso un ufficio a ciò deputato della Prefettura.
7. Quali dati personali possono essere trattati per la gestione del servizio di raccolta domiciliare dei rifiuti?
L’Istituto Superiore della Sanità (ISS) ha dettato precise raccomandazioni (rapporto n. 3/2020, REV. 2 del 31 maggio 2020) circa il corretto conferimento e smaltimento dei rifiuti nello stato emergenziale in atto, rivolte non solo ai soggetti positivi o in isolamento ma a tutti gli attori coinvolti nella gestione dei rifiuti (operatori ecologici, volontari) e all’intera popolazione, raccomandando, in particolare, che, nelle abitazioni in cui sono presenti soggetti positivi o in quarantena, sia interrotta la raccolta differenziata, ove in essere, e che tutti i rifiuti domestici siano considerati indifferenziati e, pertanto, raccolti e conferiti insieme.
Nel caso in cui il soggetto positivo, o in isolamento, non possa far ritirare i rifiuti da qualcuno che si faccia carico del loro conferimento o con altre modalità previste sul territorio (ad es. azienda affidataria del servizio di raccolta), l’ISS ha raccomandato anche di istituire un servizio dedicato di ritiro da parte di operatori addestrati (es. Protezione Civile, Esercito, Croce Rossa, ecc.).
I Comuni, nonché le aziende affidatarie del servizio di raccolta, sulla base di segnalazioni delle autorità sanitarie o in conseguenza delle richieste di assistenza degli interessati, possono, pertanto, venire a conoscenza dei dati personali dei soggetti positivi o in isolamento, che dovranno essere necessariamente aggiornati ed esatti.
Al fine di consentire a tutti gli addetti la facile identificazione di tali rifiuti, l’ISS ha, altresì raccomandato, laddove possibile, di utilizzare sacchi e/o contenitori di colore differente da quelli già utilizzati per rifiuti di altro tipo. Ciò al fine di salvaguardare la salute pubblica e la sicurezza dei lavoratori impiegati nel servizio di raccolta e smaltimenti dei rifiuti.
Ciò premesso, per quanto non rientri nella stretta competenza del Garante l’indicazione delle esatte modalità differenziate di raccolta dei rifiuti prodotti da soggetti positivi o in isolamento, si ritiene che i Comuni debbano, in ogni caso, effettuare le proprie scelte organizzative tenendo nella dovuta considerazione l’esigenza di rispettare la riservatezza degli interessati, in un’ottica di proporzionalità e minimizzazione del potenziale impatto sugli stessi.
Conseguentemente, tenuto conto delle dimensioni territoriali, delle risorse disponibili, del numero dei contagi, nonché delle modalità ordinarie di raccolta dei rifiuti (cassonetti stradali o condominiali, porta a porta o sistema misto), tale scelta dovrà adeguatamente bilanciare le esigenze sanitarie con il diritto alla riservatezza. Dovranno essere, pertanto, individuate adeguate soluzioni organizzative tese a evitare l’esposizione a terzi della situazione degli interessati (ad es. preavviso telefonico prima del passaggio degli addetti alla raccolta; previsione di brevi finestre temporali per il ritiro o ritiro in orari notturni, riducendo così il tempo di permanenza del contenitore o del sacco in prossimità dell’abitazione; ove possibile, individuare punti di raccolta isolati).