Esenzione TARI: non necessaria la motivazione di inapplicabilità
Con ordinanza n. 7002 del 15 marzo 2024, la Cassazione ha ribadito che nell’atto impositivo relativo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l’Ente deve indicare la tariffa applicata e la relativa delibera, con la conseguenza che non è necessario riportare o esplicitare la formula utilizzata per la determinazione della tariffa, la quantità totale dei rifiuti o la superficie totale iscritta a ruolo. Inoltre, qualora il soggetto passivo abbia chiesto l’applicabilità di un’esenzione e quest’ultima non fosse stata applicata da parte dell’Ente, quest’ultimo non “ha un obbligo di indicare anche l'esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, a meno che non ricorrano specifiche situazioni che, nel caso concreto, rendano indispensabile una motivazione espressa”.
Il caso in analisi vede principalmente l’Ente impositore impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che aveva espresso accoglimento al ricorso proposto dal soggetto passivo su avvisi di accertamento TARSU 2004-2009.
L’Ente ha portato in evidenza, alla Suprema Corte, le motivazioni sulle quali ha fondato il suo ricorso, rilevando violazioni nella sentenza dei giudici di secondo grado.
Nello specifico:
- che non si sia tenuto conto dell’obbligo di dichiarazione del contribuente ex art. 70 del D.lgs. 507/93, recante in sé l’onere probatorio di denuncia dell’esatta entità delle superfici in uso con la specificazione dei motivi di eventuale esenzione e della relativa prova;
- che pur avendo individuato la sussistenza di aree imponibili (ndr. ai fini TARSU), i giudici abbiano omesso di pronunciarsi sulla applicazione della norma e che abbiano erroneamente escluso l’imponibilità degli immobili in possesso del contribuente, a causa della «mancata “esatta indicazione” delle aree esenti» negli atti impugnati;
- che non si sia dato giusto rilievo all’importanza dell’indicazione delle circostanze esonerative da parte del contribuente per poter beneficiare della esenzione (con conseguente decadenza dal diritto) e che non è carico del Comune l’onere di provare l’esistenza e l’entità delle superfici “esenti” da TARSU, come invece sostenuto;
- che si sia disposto l’annullamento degli atti impugnati senza procedere a “determinare l’imposta per gli immobili imponibili”, pur vertendosi in fattispecie di omessa dichiarazione e versamento ai fini TARSU relativamente all’ intera proprietà;
In ultimo, il Comune ricorrente denuncia “violazione principi motivazionali” e lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia erroneamente ritenuto che l’omessa indicazione, da parte dell’Ente impositore, delle superfici esenti, abbia determinato anche un vizio di carente motivazione degli atti impugnati;
La Corte Suprema ha preliminarmente reputato che: ”le doglianze avanzate dal Comune siano ammissibili, atteso che la scarsa tassatività e specificità delle stesse, in quanto non immediatamente riconducibili ad una delle categorie logiche previste dall'art. 360 cod. proc. civ., possono essere superate in forza di una complessiva lettura dell'insieme censuratorio, che permette di enucleare e perimetrare le critiche alla stregua dei parametri di cui all'art. 360 cod. proc. civ. (cfr. Cass. SU n. 32415 dell’8/11/2021)”.
Ha inoltre evidenziato che, in tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, l'onere della prova circa l'esistenza e la delimitazione delle zone, esentate dalla tassa, spetta a chi ritiene di averne diritto, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, la Cassazione ha accolto le motivazioni con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione, che riesaminerà la controversia ed a cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.