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Errata applicazione reverse charge: sanzione fissa ma responsabilità solidale del cliente

In risposta ad un interpello relativo all'errata applicazione del reverse charge nei rapporti con soggetti non residenti (n. 301/2021), l'Agenzia delle entrate conferma che, nel presupposto "l'istante sia caduto in errore a causa di imprecise informazioni fornite dai propri clienti non residenti (...) e l'IVA sia stata effettivamente assolta mediante applicazione del reverse charge, la situazione sembra riconducibile alla violazione cui si applica la sanzione di cui all'articolo 6, comma 9-bis.2" del D.Lgs. 472/1997. Ne deriva che l'erroneo comportamento tenuto dal cedente resta cristallizzato, dovendosi applicare la sola sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Quanto all'individuazione del momento e dell'imponibile cui commisurare la sanzione, l'Agenzia ricorda che, in base alla circolare n. 16/E del 2017 "la violazione, concernente l'irregolare assolvimento dell'IVA a causa dell'erronea applicazione del regime dell'inversione contabile, si realizza di fatto quando viene operata la liquidazione mensile o trimestrale: è in tale sede, infatti, che il cedente ed il cessionario procedono erroneamente alla determinazione dell'imposta relativa alle operazioni attive da «assolvere». Ne deriva che, «la sanzione compresa tra 250 euro e 10.000 euro è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun committente. Della sanzione, definibile mediante l'istituto del ravvedimento operoso, rispondono in via solidale anche le società acquirenti che, come già detto, conservano il diritto alla detrazione dell'imposta erroneamente assolta mediante reverse charge."

La fattispecie, pur diversa, "ricorda" il caso in cui un ente non evidenzi al fornitore il fatto di agire o meno nell'esercizio di attività commerciale e questi applichi il reverse in luogo dell'imposta ordinaria. Nel caso degli enti locali, peraltro, l'applicazione del reverse è alternativa alla scissione dei pagamenti quindi, a ben vedere, non si avrebbe praticamente alcuna differenza di applicazione dell'imposta, assolta, in ogni caso, dal committente.

La circolare n. 15/E/2015 ha tuttavia disposto che la PA deve comunicare al fornitore la quota parte del bene o servizio acquistato da destinare alla sfera commerciale, determinata con criteri oggettivi, in relazione alla quale è applicabile il meccanismo del reverse charge. Alla quota parte del bene o servizio acquistato da destinare alla sfera istituzionale non commerciale tornerà applicabile il meccanismo della scissione dei pagamenti. Comunicazione tanto più importante sussistendo comunque una violazione formale di cui è solidarmente responsabile anche la società/ente acquirente.