← Indietro

Effettività dell’azione del Comitato dei soci pubblici per il controllo analogo congiunto

Nell’ambito di pronuncia ex art. 5 del D.lgs. 175/2016, con deliberazione n. 80/2024/PASP, la Corte dei Conti Emilia-Romagna, ha evidenziato all’Ente istante le possibili ricadute sull’effettività del controllo analogo derivanti dalla previsione statutaria della partecipata in house, oggetto di acquisizione, che prevede che le deliberazioni adottate dal ““Comitato permanente di indirizzo e coordinamento” (CPI) istituito e disciplinato dalla “convenzione quadro”, … sede del controllo analogo congiunto di tutti gli enti soci”, “… devono essere recepite dagli organi della società. Nel caso in cui questi ultimi deliberino in senso difforme dal CPI sono tenuti a motivare specificatamente le ragioni della propria decisione, in coerenza con gli obiettivi posti per l’attuazione dello scopo sociale”.

In particolare “la Sezione ravvisa, nella fattispecie, un elemento distonico rispetto al modello di controllo analogo: in sostanza, quest’ultimo, presuppone un controllo alle “decisioni fondamentali del soggetto controllato ovvero a quelle riconducibili alle linee strategiche e alle più importanti scelte operative, in modo tale quindi da incidere sulla complessiva governance dell’attività della società in house, per tenere in conto e preservare le finalità pubbliche che comunque la permeano” (cfr. Cass. SS.UU. ord. n. 567/2024). Al contrario, lo Statuto consente agli organi sociali nella loro attività decisionale di discostarsi dalle scelte assunte dai Soci in seno al CPI semplicemente motivando “specificatamente”, peraltro non limitando tale possibilità alle decisioni che esulano da quelle fondamentali, come poc’anzi delineate. Circostanza, quest’ultima, che potrebbe frustrare uno dei presupposti necessari e ineludibili (individuati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea a partire dalla nota sentenza Teckal del 18 novembre 1999) al fine di effettuare legittimamente gli affidamenti diretti alle in house ovverosia il controllo analogo esercitato anche dai Soci con quote c.d. “pulviscolari””.

Tale previsione statutaria parrebbe infatti rappresentare un “palese indebolimento del controllo analogo da parte delle amministrazioni socie nei confronti della” società “tale da suscitare non marginali perplessità sull’esistenza del requisito in esame: in particolare, se pur in concreto non pare essere stata fattivamente riscontrata la circostanza di una decisione del Consiglio di amministrazione adottata in modo difforme dall’indirizzo ricevuto dal CPI, in astratto l’evenienza potrebbe ugualmente realizzarsi poiché contemplata e ammessa dalla suddette previsione statutaria.”