Economie da rinegoziazioni mutui non salvano le spese permanenti 2026
In riferimento alle numerose richieste pervenuteci per la contabilizzazione dei risparmi di parte corrente (che poi veri risparmi non sono; meglio definirli momentanei minori utilizzi di risorse) derivanti da rinegoziazione mutui e possibilità di proroga ulteriore della deroga ad oggi in essere fino al 2025, evidenziamo quanto segue:
L’art. 3 ter comma 1 DL 198/2022 dispone: “All'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, le parole: «Per gli anni dal 2015 al 2024» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni dal 2015 al 2025”.
La norma richiamata di cui articolo 7, comma 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 dispone: “1.Gli enti locali possono realizzare le operazioni di rinegoziazione di mutui di cui all'articolo 1, commi 430 e 537 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, anche nel corso dell'esercizio provvisorio di cui all'articolo 163 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fermo restando l'obbligo, per detti enti, di effettuare le relative iscrizioni nel bilancio di previsione. Per gli anni dal 2015 al 2025, le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui nonché dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi possono essere utilizzate dagli enti territoriali senza vincoli di destinazione”
Quindi, fermo restando che non è esclusa una nuova proroga del termine, ad oggi non ancora prevista nei lavori preparatori alla legge di bilancio 2024, rileviamo che l’entrata di cui trattasi, ovvero le economie di parte corrente destinate alla copertura della quota mutui ridotta a seguito di rinegoziazione, è di tipo non ricorrente e quindi non può CHE finanziare spese correnti NON permanenti, in ogni caso.
In altri termini, non dovrebbe porsi il caso "se non arriva la proroga non chiudo il bilancio sull'annualità 2026", in quanto le spese correnti permanenti derivanti da obbligazioni assunte in precedenza e ricadenti sul 2026 devono in ogni caso essere finanziate da entrate correnti ricorrenti 2026, non da economie derivanti da rinegoziazione mutui.