E' abuso d'ufficio la revoca della posizione organizzativa
La Corte di Cassazione si è di recente espressa, con sentenza della VI Sez. penale n. 27399/2021, sul reato di abuso d’ufficio, anche in seguito alle modifiche apportate alla materia dal D. l. n. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni).
Nel caso specifico il ricorso è stato presentato dal Sindaco di un Comune condannato in primo e secondo grado al risarcimento del danno causato dalla condotta di abuso d’ufficio, avendo egli revocato la posizione organizzativa conferita a un dipendente a fini ritorsivi (il reato ascritto si era già prescritto).
I Giudici di legittimità, nell’esaminare la questione sottoposta alla loro attenzione, hanno preliminarmente rilevato che il Legislatore Delegato ha riscritto, mediante il Decreto Semplificazioni, le disposizioni contenute all’art. 323 c.p., apportando delle innovazioni alquanto significative alla fattispecie di abuso d’ufficio.
Più precisamente, ai fini della consumazione del reato, è necessario che il pubblico ufficiale abbia agito «in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Pertanto, non è più sufficiente che il soggetto qualificato abbia tenuto una condotta in violazione di norme di legge o di regolamento.
La Suprema Corte ha proseguito chiarendo che, sebbene le modifiche normative apportate al delitto di abuso d’ufficio abbiano svolto un ruolo rilevante sul piano generale, le stesse non sono idonee a produrre alcun effetto nel caso di specie.
Infatti, secondo quanto correttamente rilevato dai Giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio, la condotta ascritta all’imputato non solo viola il dovere generale di imparzialità della Pubblica Amministrazione ex art. 97 Cost., bensì si pone in contrasto anche con delle disposizioni specifiche contenute all’interno del T.U.E.L., del CCNL comparto funzioni locali del 31 marzo 1999, del D. lgs. n. 165/2001, nonché dell’art. 2119 c.c. (si tratta delle fonti normative che disciplinano il conferimento e la revoca delle funzioni dirigenziali).
Inoltre, l’imputato, in aggiunta all’aver esercitato i propri poteri in maniera non corretta (e, quindi, illegittimamente), ha altresì agito con fini ritorsivi.