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Determinazione compenso revisori, parere Ministero Interno

In un parere del 16.12.2022, la Finanza Locale Ministero Interno ha evidenziato che, in attesa di apposita modifica normativa, la misura del compenso per l'Organo di revisione è stabilita solo nell'importo massimo e il quantum è fissato nella delibera di nomina. In particolare, il Ministero dell'Interno ha rilevato:

Si fa riferimento alla nota pervenuta a questo Ufficio con la quale un revisore evidenzia alcune criticità circa la determinazione del compenso spettante ai revisori degli enti locali. In particolare, viene chiesto di definire degli importi precisi in modo da sottrarre agli enti locali ogni discrezionalità e di annullare l'impossibilità di aumentare il compenso negli anni successivi alla nomina. Al riguardo si precisa quanto segue. Per quanto concerne la determinazione del compenso dell'organo di revisione economico-finanziaria, l'articolo 241 del Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali, approvato con Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n.267, al comma 1 rimanda ad un decreto interministeriale la fissazione dei limiti massimi del compenso base spettante ai revisori in relazione alla classe demografica dell'ente locale.

Con decreto interministeriale del 21 dicembre 2018, dopo anni di blocchi normativi all'aumento dei compensi negli enti locali, è stato possibile adeguare le tabelle fino ad allora in vigore, previste con precedente decreto del 2005, in considerazione, come riportato nel decreto stesso, "che le funzioni del revisore contabile nell'ultimo decennio sono esponenzialmente aumentate alla luce della legislazione della finanza pubblica e che questo impone l'adeguamento dei compensi base, anche per rispettare i principi sull'equo compenso, di cui all'articolo 13 bis della legge 31 dicembre 2012, n.247". Il preciso richiamo all'equo compenso, introdotto per i forensi e poi esteso a tutti, nasce dalla necessità di garantire la qualità e l'affidabilità dei lavori richiesti al professionista in relazione al dettato del comma 3 dell'articolo 19-quaterdecies, del decreto legge n.148 del 2017 che ha precisato che "La pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.".

Il citato comma 1 dell'articolo 241, nella formulazione attuale, delega a una norma di rango secondario la determinazione dei soli limiti massimi del compenso base spettante ai revisori dei conti, prendendo quali parametri oggettivi di riferimento la classe demografica e le spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale. La disciplina in vigore, per contro, non fissa espressamente un limite minimo, esponendo quindi il revisore a offerte di remunerazione in misura oggettivamente incongrua, rispetto alla delicatezza della funzione cui è chiamato, oltre che inadeguata a garantire gli elevati standard di diligenza e professionalità richiesti dalla complessità dell'incarico, con il rischio di comprometterne l'efficienza a detrimento dell'interesse pubblico tutelato e al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione fissato anche dall'articolo 97 della Costituzione. Proprio per cercare di colmare tale vuoto normativo, l'Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali del Ministero dell'Interno, con atto di orientamento del 13 luglio 2017, ex articolo 154 comma 2, del testo unico n.267 del 2000, ha precisato che i limiti minimi al compenso vadano considerarsi coincidenti - nel silenzio del legislatore - con il limite massimo della fascia demografica immediatamente inferiore e, per i revisori dei Comuni con meno di 500 abitanti e delle Province e Città Metropolitane sino a 400mila abitanti, con l'80 per cento del compenso base annuo lordo stabilito per la fascia di appartenenza.

Gli atti dell'Osservatorio, nella forma di atti di indirizzo o di orientamento, non hanno valore normativo, ma rappresentano una linea d'azione per l'esercizio di compiti e funzioni suscettibili di condivisione per la motivazione dei provvedimenti e potenzialmente utile a realizzare un sistema di disciplina coerente con i principi ed omogeneo negli effetti. Ciò nonostante, questo Ufficio è ben consapevole che spesso gli enti locali, ben lontano dallo spirito normativo che aveva portato alla formulazione del nuovo decreto di fissazione dei compensi, propongono compensi irrisori a fronte della delicata e importante funzione di cui il revisore è incaricato.

La Sezione Autonomie della Corte dei Conti, invece, con delibera n.16 del 13 giugno 2017, pur riconoscendo la necessità di una fissazione equa dei compensi, ha precisato che "i limiti minimi del compenso dei revisori non possono essere determinati per altra via che non sia quella normativa. Come ripetutamente rammentato da questa Sezione nelle sue pronunce (per tutte, le deliberazioni nn.28-201-QMIG e 11-2016-QMIG), l'interprete non può sostituirsi al legislatore al fine di colmare lacune dell'ordinamento, ma deve privilegiare interpretazioni aderenti al tenore letterale e alla ratio delle norme individuando la natura dei rapporti che soggiacciono ad esse ed evitando soluzioni ermeneutiche derogatorie o additive".

Per quanto riguarda, infine, l'asserita interpretazione ministeriale circa l'impossibilità della variazione del compenso, si ricorda che non si tratta di interpretazione ma di dettato normativo in quanto l'articolo 241, comma 7, del testo unico 267 del 2000 prescrive che: "L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina". Tutto ciò premesso, si assicura che questo Ufficio, da tempo, ha formulato proposte di modifica della normativa di settore tese a migliorare l'impianto normativo anche sulla base delle varie interlocuzioni che quotidianamente intercorrono con i revisori e gli enti locali.