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Demansionamento e danno da perdita di chance: trattamento IRPEF

Le somme liquidate a titolo di perdita di chance professionali possono essere qualificate alla stregua di risarcimenti di danno emergente solo ove l'interessato abbia fornito - in conformità alle indicazioni della Suprema Corte - prova concreta dell'esistenza e dell'ammontare di tale danno. Sull'argomento, di recente, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 7 febbraio 2019, n. 3632, ha ribadito che «il titolo al risarcimento del danno, connesso alla "perdita di chance", non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale» (cfr. Cass. n. 11322/2003).

Nel caso di specie, una Società aveva corrisposto, a titolo di risarcimento per demansionamento, a favore di un ex dipendente una somma che il tribunale adito, in parziale accoglimento del ricorso, aveva riconosciuto per il danno alla sua professionalità quale conseguenza del demansionamento, negando il riconoscimento del danno non patrimoniale, biologico, morale ed esistenziale.

La Società aveva però applicato la ritenuta alla fonte, in via prudenziale, stante il rischio di errore di qualificazione giuridica della fattispecie e, per l'effetto, il rischio di irrogazione di sanzioni in caso di mancata applicazione e versamento delle ritenute, procedendo poi alla restituzione della differenza tra lordo e netto in capo all'ex dipendente sulla base di un atto di precetto.

L'Agenzia delle entrate nella Rispostan. 185/2022 riconosce che:

-il giudice adito ha giudizialmente accertato che le mansioni di archivista erano inferiori rispetto a quelle professionalmente spettanti al ricorrente e, mantenute per tutto il resto del rapporto, ha rappresentato indubbiamente una lesione della capacità professionale del lavoratore.

-il lavoratore ha adempiuto all'onere di allegazione circa il danno alla professionalità, mentre la quantificazione del danno è stata determinata dal giudice in via equitativa ai sensi dell'articolo 1226 c.c.;

Di conseguenza, in linea con la prassi, le somme liquidate in via equitativa dal Tribunale adito, a seguito della lesione della capacità professionale del lavoratore, sono da considerarsi non imponibili, in quanto configurabili come danno emergente e quindi volte a risarcire la perdita economica subita dal patrimonio, e pertanto non sono assoggettabili a ritenuta alla fonte ai sensi dell'articolo 23 del d.P.R. 600 del 1973.

L'Agenzia conferma quindi che, trattandosi di ritenute non dovute ed avendo restituito l'importo all'ex dipendente, la Società potrà recuperare la ritenuta erroneamente versata in sede di presentazione del modello 770/2021 (integrativo) relativo all'anno di imposta 2020.

A tal fine, nel frontespizio del modello 770/2021 integrativo andrà inserito il protocollo della dichiarazione che si intende rettificare e nel quadro ST andrà indicato il versamento effettuato erroneamente, inserendo nella seconda colonna "Ritenute operate" l'importo 0. Nel quadro SX potrà, quindi, essere fatto valere il credito inserendo la somma versata erroneamente nel rigo SX1 colonna 2 "Versamenti in eccesso" e cumulata nel rigo SX4 colonna 4 "Credito risultante dalla presente dichiarazione", indicando poi in colonna 5 quanto di essa è già stato utilizzato in compensazione.