Costituzionalmente illegittimo il requisito di residenza per l’iscrizione nel ruolo dei conducenti Taxi e NCC
La Corte Costituzionale con sentenza n. 183/2024 depositata in data 21 novembre u.s. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, lettera i), della legge della Regione Umbria n. 17 del 1994, in cui veniva previsto il requisito necessario “di essere residente in uno dei Comuni della Regione Umbria” ai fini dell’iscrizione nel ruolo dei conducenti per il servizio di taxi e per quello di noleggio di veicoli con conducente.
La questione di legittimità della disposizione, approvata in epoca antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, è stata sollevata dal TAR Umbria ritenendo la medesima lesiva del principio di ragionevolezza e dell’assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea, ponendo un ostacolo al libero ingresso di lavoratori o imprese nel “bacino lavorativo” regionale.
In particolare, il rimettente ravvisava la violazione sia dell’attuale art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che affida alla competenza esclusiva statale la tutela della concorrenza, sia dell’art. 117, primo comma, Cost., previgente, risultando violati i principi fondamentali stabiliti dalla legge quadro n. 21 del 1992 nel settore del trasporto pubblico locale non di linea.
La Corte ha ritenuto fondata la questione sollevata, alla luce sia del vecchio che del nuovo testo dell’art. 117 Cost.
La Consulta ha infatti sottolineato che “il limite alla potestà legislativa regionale consistente nel divieto di incidere sulla concorrenza tra gli operatori economici, oggi espresso nella riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato della materia «tutela della concorrenza», non può dirsi estraneo neppure all’assetto del riparto di competenze precedente alla riforma del Titolo V in tema di trasporto pubblico locale, avendo anzi sempre costituito un limite implicito che innervava direttamente i principi fondamentali dettati dallo Stato con la legge quadro n. 21 del 1992.”
Viene poi ricordato, quanto all’ambito interno, che la concorrenza è stata generalmente considerata un “valore basilare della libertà di iniziativa economica” tutelata anche dall’art. 41 Cost., sicché la relativa esigenza di tutela ha sempre condizionato l’esercizio della potestà legislativa regionale, anche prima della riforma del Titolo V.
La Corte, infine, ha ritenuto il requisito della residenza altresì lesivo del canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost., in quanto tale elemento di “localizzazione” costituisce un mezzo sproporzionato rispetto allo scopo perseguito dalla norma censurata ed estraneo agli altri requisiti previsti dalla medesima, infatti, la ratio della disposizione è quella di garantire adeguata professionalità e conoscenza del territorio da parte degli aspiranti conducenti.
La Consulta he pertanto dichiarato “costituzionalmente illegittimo l’art. 6, comma 1, lettera i), della legge della legge reg. Umbria n. 17 del 1994, per contrasto con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., nonché con l’art. 117, primo comma, Cost. nella formulazione antecedente alla riforma di cui alla legge cost. n. 3 del 2001”.