Cosa succede al Fondo di solidarietà comunale dopo la sentenza Corte Costituzionale n. 71/2023
Arrivano al nostro studio molte richieste circa le conseguenze della Sentenza Corte Costituzionale n. 71/2023 sul Fondo di solidarietà comunale 2023. Iniziamo a chiarire:
Il Fondo di solidarietà comunale 2023 sparisce? = NO
Il Fondo di solidarietà comunale 2023 perde i vincoli? = NO, almeno per ora
Le norme sul Fondo di solidarietà comunale sono abrogate? = NO
La nostra risposta consegue all’esito della richiesta di illegittimità costituzionale presentata dalla Regione Liguria su alcuni commi della Legge 234/2021 relativi al Fondo di solidarietà comunale, ovvero:
“LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 172, 174, 563 e 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), promosse, in riferimento agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, della Costituzione, dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe”.
Ma allora, che cosa ha sancito la Corte Costituzionale con tale sentenza? Deve intervenire il legislatore per correggere le storture evidenziate. Fino ad allora rimane tutto inalterato, con l’auspicio tuttavia che il Ministero Economia e Finanze non trattenga le quote FSC vincolato non spese nel 2022 per sociale, asili nido, traporto alunni disabili.
“Il compito di adeguare il diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all'autonomia finanziaria comunale - anche nel rispetto del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni (ex plurimis, sentenza n. 135 del 2020) - al contempo bilanciandola con la necessità di non regredire rispetto all'«imprescindibile» (sentenza n. 220 del 2021) processo di definizione e finanziamento dei LEP (la cui esigenza è stata più volte, come detto, rimarcata da questa stessa Corte), non può che spettare al legislatore, dato il ventaglio delle soluzioni possibili. Questa Corte, pertanto, non può, al momento, che arrestarsi e cedere il passo al legislatore, chiamandolo però a intervenire tempestivamente per superare, in particolare, una soluzione perequativa ibrida che non è coerente con il disegno costituzionale dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Costituzione”.
In sintesi i passaggi decisivi della decisione Corte Costituzionale sono i seguenti:
All'interno del FSC e in aggiunta alla tradizionale perequazione ordinaria - strutturata, fin dalla sua istituzione, secondo i canoni del terzo comma dell'art. 119 Cost. e quindi senza alcun vincolo di destinazione - è stata progressivamente introdotta, a partire dal 2021, una componente perequativa speciale, non più diretta a colmare le differenze di capacità fiscale, ma puntualmente vincolata a raggiungere determinati livelli essenziali e obiettivi di servizio.
Questa nuova determinante del Fondo presenta caratteri tipicamente riconducibili al quinto comma dell'art. 119 Cost., che prevede la possibilità per lo Stato di effettuare «interventi speciali», diretti soltanto a determinati enti territoriali, assegnando «risorse aggiuntive» con un vincolo di destinazione, quando lo richiedano, per quanto qui interessa, «la coesione e la solidarietà sociale», la rimozione di «squilibri economici e sociali», o infine, «l'effettivo esercizio dei diritti della persona» (ex multis, sulle caratteristiche della perequazione di cui al quinto comma dell'art. 119 Cost., da ultimo, sentenza n. 123 del 2022).
Le nuove risorse entrate nel FSC sono, infatti, distribuite in conformità a questo modello, in quanto, in particolare, si tratta di contributi statali erogati: a) a favore di comuni determinati (anche se il loro numero è molto elevato, perché per asili nido e trasporto disabili, nel 2022, è stato pari, rispettivamente, a 4.974 e a 4.839, sui 7.333 comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna); b) con vincolo di destinazione al fine del raggiungimento di livelli essenziali o di obiettivi di servizio nell'ambito delle funzioni fondamentali dei comuni; c) per superare squilibri territoriali in materia sociale.
In tal modo, tuttavia, si è realizzata, all'interno dell'unico FSC storicamente esistente, un'ibridazione estranea al disegno costituzionale dell'autonomia finanziaria, il quale, a tutela dell'autonomia degli enti territoriali, mantiene necessariamente distinte le due forme di perequazione.
In base all'art. 119 Cost., infatti, le risorse derivanti da «tributi ed entrate propri», «compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio», e quote di «un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale», devono essere sufficienti a consentire agli enti territoriali «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (art. 119, secondo, terzo e quarto comma), senza che residuino spazi per forme ordinarie di finanziamento statale con minor grado di autonomia, quali, appunto, i fondi vincolati (ex plurimis, sentenza n. 40 del 2022).
La Corte Costituzionale, del resto, fin dalla sentenza n. 370 del 2003 ha sostenuto con fermezza che «[i]l nuovo art. 119 della Costituzione, prevede espressamente, al quarto comma, che le funzioni pubbliche regionali e locali debbano essere "integralmente" finanziate tramite i proventi delle entrate proprie e la compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio dell'ente interessato, di cui al secondo comma, nonché con quote del "fondo perequativo senza vincoli di destinazione", di cui al terzo comma. [...] Pertanto, nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed Enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, della Costituzione».
Ciò che riflette l'esigenza di evitare il rischio di «sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente» (ex multis, già sentenza n. 16 del 2004 e n. 187 del 2021; più di recente, nello stesso senso, sentenza n. 40 del 2022) a quelli derivanti dall'autonomia di spesa degli enti sub-statali, la quale, in virtù della maggiore vicinanza al territorio e della inerente responsabilità politica, dovrebbe tendenzialmente garantire una più efficace allocazione delle risorse.
Per tale motivo, questa Corte, anche di recente, ha ribadito che «[a]i sensi dell'art. 119, quarto comma, Cost., le funzioni degli enti territoriali devono essere assicurate in concreto mediante le risorse menzionate ai primi tre commi del medesimo art. 119 Cost., attraverso un criterio perequativo trasparente e ostensibile, in attuazione dei principi fissati dall'art. 17, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009» (sentenza n. 220 del 2021).
Alla luce di queste considerazioni non è quindi condivisibile la tesi sostenuta dall'Avvocatura generale, per cui «nulla impedirebbe» allo Stato di stanziare risorse aggiuntive per le finalità considerate dall'art. 119, quinto comma, Cost. «nell'ambito del contenitore finanziario del FSC», specificandone il carattere vincolato e il meccanismo di assegnazione dedicato alle speciali finalità perequative; ciò in quanto non sarebbe «il "contenitore" finanziario ad essere dirimente ai sensi della Costituzione», che, quindi, potrebbe ben includere due forme diverse di perequazione: una, quella ordinaria, sostanzialmente orizzontale, e senza vincoli di destinazione, l'altra, straordinaria e verticale, attuata con le modalità del quinto comma dell'art. 119 Cost.
La tesi della difesa statale confligge, infatti, con il richiamato rigore con cui la Corte, al fine di evitare un eccesso di centralizzazione a scapito dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali, fin dalle prime pronunce in materia ha, in definitiva, rimarcato il «principio di tipicità delle ipotesi e dei procedimenti attinenti alla perequazione» (sentenze n. 46 del 2013 e n. 176 del 2012).
Va oltretutto considerata anche un'altra distorsione prodotta dalla ibridazione delle due forme perequative: le risorse relative alla componente speciale collocate all'interno del FSC non sono state, infatti, assistite da coerenti meccanismi per l'effettivo raggiungimento dei LEP al contempo fissati.
In altri termini, ha preso forma una componente perequativa speciale che, risultando innestata nell'ambiente normativo tipico di quella ordinaria - volta a premiare l'autonomia e priva di vincoli di destinazione - non ha attinto agli strumenti necessari per assicurare i livelli essenziali delle prestazioni dei diritti «che devono», come si esprime l'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., «essere garantiti su tutto il territorio nazionale».
È significativo di questa contraddizione l'incipit della prima norma impugnata, ovvero il comma 172 dell'art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, se da un lato, recita: «[a]l fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell'erogazione del servizio di asilo nido in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione», dall'altro, poi, si limita a prevedere un monitoraggio della spesa senza alcuna sanzione con riguardo a quei comuni che non impegnano le risorse per il richiesto potenziamento dei servizi educativi per l'infanzia.
Il D.L. n. 115 del 2022, come convertito, all'art. 16, comma 5, ha poi precisato: «[l]e somme che a seguito del monitoraggio, di cui al settimo periodo, risultassero non destinate ad assicurare il potenziamento del servizio asili nido sono recuperate a valere sul fondo di solidarietà comunale attribuito ai medesimi comuni».
Anche considerando quest'ultima specificazione, risulta palesemente contraddittorio che, a fronte di un vincolo di destinazione funzionale a garantire precisi LEP, la "sanzione" a carico dei comuni inadempienti possa poi consistere nella mera restituzione delle somme non impegnate.
Questa soluzione, infatti, non è in grado di condurre al potenziamento dell'offerta dei servizi sociali e lascia, paradossalmente, a dispetto del LEP definito, del tutto sguarnite le persone che avrebbero dovuto, grazie alle risorse vincolate, beneficiare delle relative prestazioni.
L'inadeguatezza della soluzione trova conferma, del resto, nel diverso e ben più coerente meccanismo che il legislatore ha strutturato in materia di diritto alla salute, prevedendo, come è noto, il commissariamento della regione che non garantisce i livelli essenziali di assistenza.
A questo riguardo, va considerato che il quinto comma dell'art. 119 Cost., quando sono in causa i LEP di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., fa sistema con l'art. 120, secondo comma, Cost., che, ove lo richieda «la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali», abilita l'intervento del potere sostitutivo dello Stato come rimedio all'inadempienza dell'ente territoriale.
È quindi all'interno di fondi perequativi speciali, correttamente strutturati ai sensi del quinto comma dell'art. 119 Cost., che sarebbe possibile trarre le coerenti e necessarie implicazioni in caso di mancato impegno delle risorse statali vincolate a favore dei LEP - in funzione del «pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti sociali» (sentenza n. 220 del 2021) - giungendo a prevedere, quando necessario, opportune forme di commissariamento degli enti inadempienti.
Le previsioni dell'art. 120, secondo comma, Cost., infatti, pongono lo Stato «quale garante di ultima istanza della tenuta del sistema costituzionale» rispetto a determinati «interessi essenziali», quali quelli attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali (sentenza n. 168 del 2021).
È significativo, peraltro, che la relazione semestrale della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale presentata alle Camere il 15 dicembre 2021 abbia evidenziato, con riferimento alla perequazione comunale, l'opportunità «per le funzioni in cui le norme individuano dei livelli essenziali» di prevedere, «in coerenza con l'articolo 120 della Costituzione e in analogia a quanto già sperimentato in campo sanitario, un meccanismo che, oltre ad aiutare gli enti a individuare le criticità e a predisporre una strategia di miglioramento dei servizi, consenta, nei casi di grave e persistente inadempienza, un intervento sostitutivo dello Stato» (pag. 26).
Quanto detto conferma come nell'unico fondo perequativo relativo ai comuni e storicamente esistente ai sensi dell'art. 119, terzo comma, Cost., non possano innestarsi componenti perequative riconducibili al quinto comma della medesima disposizione, che devono, invece, trovare distinta, apposita e trasparente collocazione in altri fondi a ciò dedicati, con tutte le conseguenti implicazioni, anche in termini di rispetto, quando necessario, degli ambiti di competenza regionali.
Ciò chiarito, va tuttavia ribadito che la rimodulazione auspicata nel petitum della ricorrente non rappresenta l'unica possibilità di rispondere a tale esigenza.
In conclusione, quindi, il compito di adeguare il diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all'autonomia finanziaria comunale - anche nel rispetto del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni (ex plurimis, sentenza n. 135 del 2020) - al contempo bilanciandola con la necessità di non regredire rispetto all'«imprescindibile» (sentenza n. 220 del 2021) processo di definizione e finanziamento dei LEP (la cui esigenza è stata più volte, come detto, rimarcata da questa stessa Corte), non può che spettare al legislatore, dato il ventaglio delle soluzioni possibili.
L'inammissibilità delle questioni deriva, infatti, «dall'impossibilità per questa Corte di esercitare una supplenza, dettando relazioni finanziarie alternative» (sentenza n. 155 del 2015) a quelle adottate dallo Stato in difformità dallo schema costituzionale precedentemente richiamato.
Questa Corte, pertanto, non può, al momento, che arrestarsi e cedere il passo al legislatore, chiamandolo però a intervenire tempestivamente per superare, in particolare, una soluzione perequativa ibrida che non è coerente con il disegno costituzionale dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Costituzione.