Corte dei Conti, memoria sulla nota di aggiornamento al DEF
Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti hanno depositato alle Commissioni congiunte Bilancio della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica una Memoria sulla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza.
“Il percorso di recupero disegnato nel quadro macroeconomico della NADEF - pur considerando le incognite legate all’incertezza del quadro economico nazionale e internazionale gravato dall’emergenza sanitaria – è condivisibile: il ritorno del Pil, nel triennio di previsione, sui livelli pre-crisi appare compatibile con gli andamenti rilevati fino ad ora, anche se soggetti nel breve termine a rischi più pronunciati. Proprio l’incertezza che deriva dalle condizioni epidemiologiche richiede, tuttavia, che le azioni poste alla base del disegno programmatico (sia quelle volte ad avviare il programma comunitario sia quelle che devono accompagnarne l’avvio sin dal 2021) siano tali da dispiegare i propri effetti al di là del solo perimetro pubblico, svolgendo quel ruolo di attivazione delle scelte private, che sono indispensabili per la ripresa di un duraturo processo di crescita. Sotto questo aspetto, come è stato da più parti osservato, tempestività e qualità della spesa per investimenti risultano cruciali in questo quadro”.
Si tratta, quindi, “di porre a disposizione dell’operatore pubblico non solo un adeguato ammontare di risorse, ma anche di capacità tecniche che rendano efficaci le scelte da assumere nei diversi contesti. Ma, allo stesso tempo, la ripresa del processo di accumulazione non può identificarsi solo con il pur importante rilancio delle infrastrutture pubbliche. Decisiva è anche, nello scenario delineato, l’inversione di tendenza degli investimenti delle imprese. Una inversione di rotta che richiede la realizzazione di un contesto sociale ed economico del quale la disponibilità di ampie risorse finanziarie costituisce solo un elemento”.
Sulle prospettive di ripresa la Corte osserva: “Se il DEF dello scorso aprile aveva potuto dare solo una prima valutazione dell’incremento del debito pubblico conseguente agli interventi per contrastare la crisi con la Nota da un lato si precisa la dimensione dello sforzo programmato dall’altro si delinea un possibile percorso di rientro con la piena estensione dell’analisi al biennio 2022-23 (periodo che in ragione della situazione emergenziale non era stato considerato nelle valutazioni di primavera) e grazie a stime aggiuntive offerte nella forma di proiezioni di più lungo periodo. Il rapporto debito/Pil, che in base alle più recenti informazioni di ISTAT e Banca d’Italia nel 2019 è risultato pari al 134,6% (2 decimi di punto al di sotto delle precedenti stime), salirebbe nell’anno in corso al 158, circa 2,5 punti in più rispetto a quanto prospettato nel DEF (155,7%) sia a motivo del maggiore deficit creato con il “decreto Agosto”, sia e soprattutto a ragione del più sostenuto calo del Pil nominale (-8% contro -7,1% previsto)”.
Viene invece confermata l’inversione di tendenza prevista a partire dal prossimo anno, un’inversione che si prospetta sia nello scenario tendenziale che, in misura maggiore, in quello programmatico. “In assenza di ulteriori interventi rispetto a quelli varati a partire dallo scorso marzo, il rapporto si collocherebbe alla fine del periodo di previsione al 154,1%; viceversa, considerando le correzioni previste per il triennio 2021-23 l’indicatore dovrebbe flettere di 6,5 punti complessivi nel triennio 2021-23 e scendere quindi fino al 151,5% a fine periodo”, continua la Corte.
La Nota di aggiornamento ribadisce, quindi, l’obiettivo enunciato nel DEF di aprile di ricondurre il rapporto debito/Pil, nel corso del prossimo decennio, verso il livello prevalente nella media dei Paesi dell’Area dell’euro.
“Il proposito è, ad avviso della Corte, tanto importante quanto ambizioso. Nel quinquennio che ha preceduto lo scoppio della pandemia, l’indicatore si è mediamente collocato sul 135% in Italia e sull’88% nell’Eurozona, con un differenziale di 47 punti di Pil. Con la crisi, l’incremento del rapporto è stato pari nell’Area dell’euro a circa 2/3 di quello conosciuto in Italia (15 contro 24 punti, circa) con un conseguente allargamento del divario”.
Nel disegnare un equilibrato processo di graduale rientro, non dovrà, inoltre, “Venir meno la consapevolezza che la finanza pubblica italiana resta esposta al rischio di tasso di interesse. Le eccezionali condizioni accomodanti della politica monetaria unica fanno sì che, attualmente, il costo marginale a cui il nostro Paese è in grado di collocare i titoli del debito pubblico sia, largamente al di sotto dell’onere medio implicito dello stock di debito”.
“In una prospettiva di medio termine, l’inevitabile e fisiologico rialzo dei tassi, potrà avvenire, almeno per un certo periodo, in un contesto di continuazione della discesa del costo medio” - conclude la Corte – “È questo, del resto, il quadro prospettato nella Nota, con il costo medio che passa dal 2,4% del 2020 al 2,1% del 2023. In uno scenario di ripresa della crescita potranno dunque determinarsi condizioni molto favorevoli in termini di differenziale tra costo medio e crescita nominale, un differenziale che prima della crisi solo in Italia era stato di segno positivo e che in prospettiva resterebbe invece negativo per molti anni. Tale circostanza dipende soprattutto dalle prospettive di crescita. Ove, quelle delineate nella Nota, dovessero effettivamente concretizzarsi, si tratterà di valutare in che misura il nostro sistema economico possa essere in grado di accelerare il sentiero di rientro del debito ora prospettato”.