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Corte conti su tassazione buoni pasto

La Corte Conti Toscana, con delibera n. 88/2021, ha risposto alla richiesta di ente provincia che evidenzia come l’art. 1, comma 677, della legge n. 160/2019, nel modificare l’art. 51, comma 2 del TUIR, innovi la disciplina relativa alla tassazione dei buoni pasto. In particolare, la norma prevede l’esenzione da contributi Inps e da tassazione Irpef per la somma che non eccede i 4,00 euro con riferimento ai buoni pasto cartacei (in precedenza la soglia era fissata a 5,29 euro) e per la somma che non eccede gli 8,00 euro relativamente ai buoni pasto elettronici (in precedenza la soglia era fissata a 7,00 euro). Inoltre, sottolinea il Presidente della Provincia nella richiesta, la norma si riferisce genericamente al “datore di lavoro” senza distinzione tra pubblico e privato, nell’intento di favorire l’utilizzo dei buoni pasto elettronici.

Pertanto, chiede se, fermi restando i limiti di bilancio ed il rispetto del contenimento della spesa di personale di cui al comma 557, dell’art. 12 della legge n. 296 del 2006, la suddetta previsione sia applicabile agli enti locali, con conseguente possibilità per gli stessi di prevedere buoni pasto elettronici con valore nominale di 8,00 euro.

La richiesta formulata dalla Provincia – rileva la Corte conti- concerne il regime della tassazione riservato ai buoni pasto, nonché la determinazione del valore nominale degli stessi. Nessun dubbio che la norma citata dall’Ente si riferisca anche al datore di lavoro pubblico in quanto disciplina, con effetti favorevoli rispetto alla previgente previsione, il regime della tassazione dei buoni pasti destinati al personale dipendente. Diversamente argomentando si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e dipendenti privati.

In realtà, come giustamente osservato dall’Ente richiedente, lo scopo della norma è quello di incentivare l’adozione dei buoni pasti elettronici da parte dei datori di lavoro (tanto pubblici che privati). L’estensione della disciplina citata anche al datore di lavoro pubblico non può tuttavia avere quale conseguenza indiretta la possibilità di concedere ai dipendenti provinciali un buono pasto di valore nominale pari a 8,00 euro.

Difatti, l’art. 5 del Decreto-Legge n. 95/2012, convertito in Legge n. 135/2012 (nell’ambito della “Spending Review) dispone molto chiaramente che il valore nominale dei buoni pasto per i dipendenti pubblici non può superare l’importo di 7,00 euro per singolo buono (previsione che ha superato il vaglio della Corte Costituzionale con la sentenza n. 225 del 2013).

Pertanto, nessuna innovazione può derivare dalla norma citata ai fini della determinazione del valore nominale del buono pasto dei dipendenti pubblici. E in realtà nessuna novità (sostanziale) si produce anche sotto il profilo del trattamento fiscale, considerato che l’art. 51, comma 2, del TUIR, anche prima della modifica normativa sopra richiamata, prevedeva quale limite di esenzione 7,00 euro, ossia il valore nominale massimo attribuibile ai buoni pasto nella pubblica amministrazione.

Rimane, quindi, immutato il vantaggio del dipendente pubblico che, ora come allora, non subirà trattenute in busta paga per i buoni pasto riconosciuti dal datore di lavoro pubblico nei limiti indicati.