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Controllo pubblico: approfondimento della Corte Conti per l’applicabilità delle disposizioni del TUSP

Nel parere espresso dalla Corte dei Conti Emilia Romagna, n. 136/2024/VSGO, sui Piani di revisione periodica e razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute dall’Ente regionale, è nuovamente stato dedicato un focus al tema del “controllo pubblico”, concetto la cui interpretazione è da tempo oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

La Sezione ha inizialmente ricordato come la definizione di controllo pubblico, ai fini del TUSP (D.lgs. 175/2016), sia dettata dall’art. 2, co. 1, lett. b) ai sensi del quale deve intendersi per controllo “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale, è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.

La distinzione di quelle che sono realtà “a controllo pubblico assume particolare rilevanza alla luce di una serie di specifiche prescrizioni normative recate dal T.U.S.P. che si applicano esclusivamente a tale aggregato societario”. In particolare, ai fini dell’adempimento ex art. 20 del TUSP, il concetto in discussione “influisce sull’esatta perimetrazione delle società indirette, che … sono quelle detenute da una pubblica amministrazione per il tramite di una società o di altro organismo soggetto a controllo pubblico da parte della medesima (all’art. 2, c. 1, lett. g)”, risultando problematico, “A fronte delle possibili (ed alternative) interpretazioni della disposizione in commento”, discernere quei “casi in cui le singole amministrazioni socie non dispongano, singolarmente considerate, della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea”.

Il Collegio ha poi ricordato come la Magistratura, contabile e amministrativa, si sia più volte occupata dell’interpretazione del concetto di “controllo pubblico” e che nel tempo si sono formati due orientamenti, uno “che ritiene imprescindibile uno “scambio formale di volontà fra i soggetti coinvolti non potendosi desumere la situazione di controllo da meri comportamenti concludenti o da altri “indici presuntivi””, mentre l’altro considera “configurabile una situazione di controllo pubblico di fatto sussistente in tutti i casi di capitale pubblico maggioritario o totalitario indipendentemente dalla formalizzazione di meccanismi di coordinamento”.

Richiamando la deliberazione n. 11/SSRRCO/QMIG/19 delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, cui la Sezione regionale emiliana si è allineata, i Magistrati contabili hanno ritenuto che risulta ““sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle società a controllo pubblico […] che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile”, come da applicazione letterale del combinato disposto delle lettere b) ed m) dell’art. 2 del T.U.S.P. L’unica eccezione a tale presunzione di controllo congiunto si verifica quando “in virtù della presenza di patti parasociali (art. 2314-bis c.c.), di specifiche clausole statutarie o contrattuali … risulti provato che, pur a fronte della detenzione della maggioranza delle quote societarie da parte di uno o più enti pubblici, sussista un’influenza dominante del socio privato o di più soci privati”".

La Sezione ha poi ribadito che, fermo restando il criterio di individuazione delle società a controllo pubblico come esposto, ai fini dell’applicabilità delle disposizioni del TUSP interessate, sussiste comunque, “nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche, l’obbligo per gli enti soci “di attuare, e formalizzare, misure e strumenti coordinati di controllo … atti ad esercitare un’influenza dominante sulla società” trattandosi di strumento finalizzato anche a valutare la “legittimità della detenzione della partecipazione societaria”.

Sul tema è quindi stato richiamato l’intervento del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 3880 del 9 febbraio 2023 (di riforma della sentenza del TAR Emilia-Romagna n. 858/2020), “ha sostenuto come il controllo (pubblico) non debba necessariamente fondarsi su atti formali, in quanto non è imposto da alcuna disposizione del T.U.S.P. affermando, inoltre, che un patto parasociale potrebbe non essere necessariamente redatto in forma scritta (cfr. art. 2341 c.c.); ciò in omaggio al principio generale della libertà delle forme”.