Controllo analogo congiunto nelle partecipazioni pulviscolari
Rilevando criticità nel coordinamento del controllo analogo congiunto di una società pluripartecipata, la Corte dei Conti Campania, nella deliberazione n. 101/2023/PASP, ha ripercorso gli indirizzi della giurisprudenza europea e nazionale sul tema.
I Magistrati hanno in primis ricordato come, “il consolidato indirizzo della Corte di Giustizia (sin dalla decisione 18 novembre 1999 nella causa C-107/98 Teckal) nell’ammettere che il controllo analogo potesse essere esercitato in forma congiunta e nel ritenere inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, ha ravvisato la necessità di dotare i soci di appositi strumenti per consentire di interferire in maniera penetrante nella gestione della società (sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 Coditel Brabant SA).”
In tal senso, “affinché la società in house possa essere considerata una articolazione interna di ciascuno degli enti partecipanti, occorre, tuttavia, che siano istituite forme di coordinamento che attribuiscano ad ognuno di essi la possibilità di incidere effettivamente sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società controllata. L’esigenza di prevedere appositi strumenti di coordinamento è accentuata nel caso in cui il controllo congiunto abbia carattere pulviscolare. A tal riguardo, il Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, con specifico riferimento alle ipotesi di partecipazioni frazionate tra più enti pubblici (c.d. “pulviscolari”), ritiene le stesse inidonee a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa, in assenza di ben definiti strumenti di coordinamento (v. Consiglio di Stato, sentenza n. 7093 del 2021). La particolare modestia della partecipazione al capitale, invero, normalmente si riflette in una debolezza assembleare e, di riflesso, amministrativa, per far fronte alla quale i soci pubblici devono attuare tra loro forme di coordinamento attraverso espresse previsioni statutarie, dell’atto costitutivo o contenute in appositi patti parasociali, tali da consentire a ciascun socio e non solo alla maggioranza, di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. “fine pubblico di impresa” (v. Consiglio di Stato, sentenza n. 578/2019) e di assicurare il loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l'attività della società partecipata. Occorre, pertanto, verificare se il carattere pulviscolare della partecipazione sia in grado di incidere, nella fattispecie, sulla tenuta del modello in house."
Nel caso oggetto di parere della Corte, il coordinamento tra i soci è stato definito non tramite patti parasociali bensì mediante l’istituzione di un apposito organo di controllo espressione dell’autonomia privata dei soci partecipanti, modulo ritenuto legittimo dalla giurisprudenza. Ciò poichè “il controllo analogo consiste in una “forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni” (così sin dalla sentenza 13 ottobre 2005 nella causa C-458/03 Parking Brixen). Lo statuto di una società in house pluripartecipata può, dunque, assegnare il potere gestorio ad organi assembleari diversi dal consiglio di amministrazione configurando, così, un peculiare sistema di amministrazione e controllo della società in house, nel quale gli amministratori sono privi di poteri decisionali propri, che derivano, invece, da altri organi della società, e che, comunque, non esercitano in piena autonomia rispetto ad essi. Del resto, nel caso del controllo analogo in forma congiunta occorre tener conto di un aspetto particolare: i soci pubblici hanno necessità di concordare previamente le determinazioni da trasmettere agli organi di amministrazione della società… perché si abbia condivisione del controllo è, allora, indispensabile una sede nella quale la volontà comune possa assumere la forma di determinazioni vincolanti per gli organi amministrativi e che non sia l’assemblea dei soci per la prevalenza che i soci di maggioranza vi esercitano secondo le ordinarie regole deliberative (principio di maggioranza azionaria)”.
Al riguardo, i Magistrati hanno altresì rammentato come "la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha apprezzato quali validi strumenti per l’esercizio del controllo analogo congiunto (unitamente ai patti parasociali, sentenza 29 novembre 2012 nelle cause C-182/11 e 183/11 Econord) organi speciali come i Comitati unitari e i Comitati tecnici (nella sentenza 10 settembre 2009 nella causa C-573/07 Sea) a condizione che: a) in essi ogni socio pubblico abbia un proprio rappresentante e che le deliberazioni siano assunte con maggioranze formate per unità e b) che siano previsti poteri di controllo e di gestione tali da restringere l’autonomia decisionale del consiglio di amministrazione imponendo indirizzi e prescrizioni, nonché prevedendo poteri consultivi preventivi".