Contributi alla Fondazione in perdita, solo in un regime convenzionale
Avvicinandoci al rendiconto, per il Comune, e ai bilancio di esercizio, per società ed enti partecipati, ci si pone sempre il problema della copertura delle perdite e del correlato rischio di soccorso finanziario, equiparato a danno erariale per il Comune.
Per le società è noto il disposto dell’art. 14 del TUSP – Dlgs 175/2016 – in particolare al comma 5: “Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall'Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all'articolo 5, che contempli il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni.
Per le Fondazioni il filo conduttore è lo stesso. Può il Comune ripianare la perdita di una fondazione culturale? A questa domanda ha risposto un’ampia delibera Corte Conti Piemonte n. 133 del 28.11.2018 ma sempre molto utile, che vieta l’accollo delle perdite di una fondazione da parte del Comune, a meno che non sia in atto un regime convenzionale.
In particolare, sulla legittimità dei contributi pubblici in magistrati contabili hanno rilevato quanto segue:
…………… alla luce di quanto esposto, è quindi un dato di fatto la situazione di crisi finanziaria della Fondazione e la consapevolezza di tale situazione da parte dei soci fondatori. In un simile quadro, dunque, molte perplessità suscita il sostegno pubblico: è problematica, infatti, la qualifica dei contributi pubblici come legittimo sostegno alla cultura, dovendo considerarsi gli stessi, da un punto di vista sostanziale, un intervento a copertura, parziale, delle perdite pregresse portate a nuovo.
Un conto, infatti, è il fisiologico sostegno economico ad una fondazione che svolge attività culturale; altro, invece, è il formale sostegno di iniziative culturali ad una fondazione che continua ad accumulare debiti verso terzi ed erodere il patrimonio sociale.
Si tratta, invece, della considerazione di reiterati contributi pubblici ad un soggetto non in grado, già da anni, di operare in modo economico (inteso come semplice copertura dei costi di gestione con i ricavi ed i contributi pubblici).
Non sfugge alla Sezione, infatti, l’assoluta legittimità di contributi in favore di soggetti privati, anche fondazioni, ove questi esercitino funzioni e compiti a favore della collettività e rientranti nelle finalità dell’ente pubblico socio (o fondatore): riconosciuto l’interesse generale dell’attività, la natura pubblica o privata del soggetto che la svolge e, in quanto tale, riceve il contributo risulta indifferente, posto che la stessa amministrazione pubblica opera ormai utilizzando, per molteplici finalità (gestione di servizi pubblici, esternalizzazione di compiti rientranti nelle attribuzioni di ciascun ente), soggetti aventi natura privata.
Cionondimeno, il finanziamento pubblico deve essere configurato in modo tale da escludere un ripiano delle perdite di una fondazione costituita nelle forme del codice civile. E ciò, va ricordato, tenuto conto che la fondazione, ente morale, dotato di personalità giuridica e disciplinato dal codice civile, ha quale elemento costitutivo essenziale l’esistenza di un patrimonio destinato alla soddisfazione dello scopo per il quale l’ente è stato costituito. Ove il patrimonio non sia sufficiente per raggiungere lo scopo o venga meno, ai sensi delle norme civilistiche, la fondazione si estingue e il suo patrimonio residuo è trasferito ad organi che abbiano finalità analoga, a meno che la competente autorità provveda alla trasformazione in altro ente.
Dunque, se è pienamente legittimo per l’ente pubblico sia erogare corrispettivi per i servizi ricevuti che erogare contributi, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico, del tutto illegittimo sarebbe un accollo dell’onere di ripianare di anno in anno (mediante la previsione di un generico contributo annuale), o anche occasionalmente, le perdite gestionali della Fondazione, perché a queste deve essere in grado di far fronte la Fondazione stessa con il suo patrimonio o quantomeno con la sua attività.
In relazione alla possibilità di erogare contributi, la magistratura contabile ha reso numerosi pareri, ritenendo ammissibile, a determinate condizioni, l'erogazione finalizzata alla conservazione o all'incremento del patrimonio destinato allo svolgimento dell'attività istituzionale dell'ente morale (ex plurimis, vd. Corte dei conti, 4 sez. contr. Lombardia, 28 gennaio 2009, n. 10; sez. contr. Piemonte, 30 luglio 2013, n. 290). Affinché il sostegno sia legittimo, tuttavia, occorre che esso sia inquadrato all’interno di un quadro convenzionale: ciò al fine di assicurare la necessaria trasparenza, da parte dell’ente pubblico, e l’esigenza di corretta gestione (attraverso idonea programmazione) per l’ente beneficiario.
Solo la presenza di un perimetro convenzionale (con previsione, cioè, delle risorse necessarie ad integrare il capitale di dotazione o a compensare la gestione di un servizio) permette di mantenere il contributo pubblico all’interno della sua corretta qualifica formale (id est, di sovvenzione di attività culturali di interesse pubblico).
Ciò qualora, come nella fattispecie in esame, il contributo sia reiterato in modo pluriennale: proprio in simili casi, infatti, è elevato il rischio che quel contributo diventi un mezzo per il mantenimento in vita di strutture inefficienti e, quindi, in ultima analisi, per la copertura delle perdite annualmente accumulatesi.
Come ricordato dalla giurisprudenza contabile, “in caso di concessione di un contributo straordinario, l’entità dello stesso dovrà essere contenuta entro gli importi effettivamente spesi per l’attività svolta, in relazione all’ordinaria attività di gestione. Dagli atti deliberativi dell’Ente e nella convenzione stipulata con il beneficiario dovrà risultare l’avvenuta valutazione delle finalità pubbliche del contributo, con particolare riferimento allo svolgimento di attività di preminente interesse per la collettività insediata sul territorio sul quale insiste il Comune, non trovando, in caso contrario, l’attribuzione alcuna giustificazione. Particolare cautela dovrà essere posta nella verifica della corrispondenza dell’entità del contributo all’effettiva utilità conseguita dalla comunità locale con la fruizione del servizio prestato in convenzione dalla Fondazione. Questo aspetto dovrà trovare adeguata rappresentazione economica nella convenzione tra il Comune e la fondazione” (Corte Conti, Lombardia, deliberazione n. 121/2015; cfr. anche Corte Conti, Piemonte, deliberazione n. 201/20107).
L’ipotesi di una contribuzione “a regime” occorrente per colmare le perdite a cui la fondazione vada incontro e garantirne l’equilibrio economico-finanziario, altrimenti non salvaguardabile, non si concilia, pertanto, con l’istituto attivato dall’ente (in senso analogo, v. Sezione controllo Piemonte, n. 24/2012/SRCPIE/PAR e Sezione controllo Abruzzo, n. 5/2017/PAR), a pena di snaturarne le caratteristiche essenziali e tradursi, sostanzialmente, nell’utilizzo di un generico schermo privatistico finalizzato all’esercizio di funzioni pubbliche svincolate dall’applicazione dello specifico regime ad esse connesso”.
Eventuali erogazioni, pertanto, devono rientrare nell’alveo di una convenzione preventiva e non certamente ridursi alla successiva copertura delle perdite o al finanziamento di singole spese e/o attività al di fuori di un analitico schema convenzionale.
Dunque, l’ente pubblico può erogare un contributo finalizzato ad accrescere il patrimonio della fondazione per il miglior raggiungimento dello scopo oppure, in alternativa, può “accollarsi specifiche spese, anche attinenti alla ordinaria gestione, purché finalizzate allo svolgimento di un particolare servizio, direttamente riconducibile agli interessi della Comunità locale. Ovviamente, si tratta di una questione che deve essere regolamentata in via preventiva, prima dello svolgimento del servizio, in relazione ai costi preventivati, risultanti dal piano finanziario che necessariamente deve essere adottato al fine di calibrare le possibilità operative della fondazione e preservare il patrimonio” (Corte Conti Piemonte, del. 201 cit.).
In ogni caso, “la determinazione dell’ammontare del contributo riferito alle spese di gestione spetta agli Enti locali ed alla Fondazione e deve essere stabilito nella convenzione che disciplina i rapporti fra le parti e deve essere commisurato al servizio reso in concreto”.
In conclusione, è assolutamente illegittimo un accollo delle perdite, anche sotto forma di generico contributo annuale. Perché non si versi in simile ipotesi, occorre che i rapporti finanziari tra l’ente beneficiario e l’ente erogante vengano inquadrati all’interno di un perimetro convenzionale.