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Codice dei contratti: CDPI non è un organismo di diritto pubblico

Interessante e non scontata sentenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione (n. 1494/2022 depositata il 18 gennaio 2022) che fissa un principio importante nella qualificazione soggettiva, ai fini dell'applicazione del Codice dei contratti pubblici, di una società costituita da un'altra riconducibile nel perimetro della pubblica amministrazione ed operante con finalità di interesse pubblico con modalità, tuttavia, definibili concorrenziali sul mercato.

Il Consiglio di stato aveva ritenuto la CDPI (C.D.P. Investimenti S.G.R. S.p.a., società di gestione del risparmio costituita dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. per l'istituzione e la gestione di fondi immobiliari di tipo chiuso riservati ad investitori qualificati,) organismo di diritto pubblico, dando valore all'istituzione da parte di un soggetto pubblico ed appartenente al perimetro allargato della Pubblica Amministrazione per dare esecuzione ad un servizio che è necessario perché è strettamente connesso alla finalità pubblica di quest'ultimo.

La Corte stabilisce però che "nonostante la costituzione ad opera della Cassa Depositi e Prestiti, la partecipazione maggioritaria spettante alla stessa, la personalità giuridica di cui è dotata e le esigenze d'interesse generale per la cui soddisfazione è stata costituita, la CDPI non sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, ai sensi dell'art. 3, comma primo, lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016, in tal senso deponendo la natura delle predette esigenze, non annoverabili tra quelle non aventi carattere industriale o commerciale, avuto riguardo allo svolgimento dell'attività in regime di concorrenza con gli altri soggetti operanti nel medesimo settore, al perseguimento di obiettivi di rendimento prefissati ed alla mancata previsione di forme di ripianamento delle perdite o comunque di finanziamento da parte di enti pubblici: ai fini dell'affidamento di lavori, servizi o forniture, essa non può pertanto considerarsi tenuta, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, con la conseguenza che le relative controversie restano sottratte alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, prevista dall'art. 133, comma primo, lett. e), n. 1 del d.lgs. n. 104 del 2010"

CDPI è un ente di diritto privato, soggetto alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 58 del 1998 ed esercente un'attività a carattere imprenditoriale commerciale e finanziario, diretta a garantire la remunerazione ai propri investitori e rivolta ad un mercato dinamico, internazionale e fortemente concorrenziale. La qualificazione della stessa non può essere fatta dipendere da elementi riferibili ai fondi da essa gestiti, che comunque operano su un mercato concorrenziale, assumendo tutti i rischi finanziari e di gestione, con il fine precipuo di produrre utili di rendimento. Le limitazioni soggettive di partecipazione ai predetti Fondi non sono legate poi alla loro natura pubblica, quanto alle caratteristiche peculiari che li contraddistinguono, le quali non incidono sul carattere imprenditoriale e lucrativo dell'attività.

Il rilievo prevalente accordato alla partecipazione pubblica, a scapito del profilo teleologico, comporterebbe il venir meno della distinzione tra l'organismo di diritto pubblico e l'impresa pubblica (previsto nei settori speciali), dipendente proprio dall'istituzione del soggetto per la soddisfazione di esigenze di interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale.

Osservano in particolare le Sezioni unite che ricorrere, ai fini dell'accertamento del requisito teleologico, ad elementi sintomatici desunti dalle modalità di svolgimento dell'attività dell'ente, pur semplificando l'attività interpretativa, comporta il rischio della progressiva creazione giurisprudenziale di una figura diversa da quella che emerge direttamente dall'art. 3, comma primo, lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016. Precisa la Corte che considerare prevalenti i compiti assegnati all'organismo rispetto alle modalità con cui l'attività viene svolta si pone in contrasto con l'interpretazione della normativa euro-unitaria fornita dalla Corte di Giustizia, avente portata vincolante per il giudice nazionale, la quale, oltre ad individuare nel soddisfacimento di un interesse generale avente carattere non industriale o commerciale un requisito distinto da quello dell'istituzione ad opera di un'amministrazione aggiudicatrice, ancorché cumulativamente concorrente con lo stesso, ha espressamente precisato che il relativo accertamento deve aver luogo tenendo conto di tutti gli elementi non solo di diritto, ma anche di fatto che contribuiscono all'identificazione del predetto interesse ed alla differenziazione dello stesso da quelli aventi carattere industriale o commerciale, ivi comprese le condizioni in cui l'organismo esercita la propria attività, che restano concettualmente distinte dalle circostanze che hanno condotto alla sua istituzione, anch'esse peraltro considerate rilevanti ai fini della valutazione richiesta.

"Illuminante, in proposito" precisa la Corte "appare il riferimento del Giudice eurounitario allo svolgimento dell'attività nell'ambito di un mercato concorrenziale, configurabile anch'esso come un dato di natura fattuale che, pur essendo stato ritenuto da solo insufficiente a giustificare il riconoscimento del carattere industriale o commerciale del bisogno, è stato considerato pur sempre rilevante ai fini del relativo accertamento, se posto in relazione con altri fattori idonei ad evidenziare l'assimilabilità del modo di operare dell'ente a quello di altri soggetti che offrono beni o servizi sul mercato".

Fare esclusivamente riferimento alle modalità di istituzione di un organismo, quindi, non è corretto posto che, ai fini della disciplina degli appalti pubblici "...in quanto, avuto riguardo alla molteplicità dei bisogni della cui soddisfazione la Pubblica Amministrazione si fa carico nella realtà attuale, alla sempre più frequente estraneità delle prestazioni rese all'ambito dei compiti tradizionalmente assegnati agli enti pubblici ed alla possibile fungibilità dei beni e dei servizi dagli stessi forniti rispetto a quelli offerti da operatori privati, il mero riferimento all'oggetto statutario potrebbe indurre ad includere nella categoria in esame soggetti che, pur assolvendo compiti ritenuti di propria pertinenza da parte dell'Amministrazione, agiscono di fatto come comuni operatori economici, o, per converso, ad escludere dalla stessa categoria soggetti che, pur fornendo risposta a bisogni che potrebbero astrattamente essere soddisfatti anche mediante il ricorso al mercato, operano in condizioni o secondo logiche estranee a quella concorrenziale. Tali conclusioni, comportando a seconda dei casi l'assoggettamento o la sottrazione dell'ente all'osservanza della disciplina in materia di appalti pubblici, ed in particolare al rispetto delle regole di evidenza pubblica nella scelta del contraente, si porrebbero in contrasto con le finalità perseguite dalle direttive citate e dalla normativa interna, le quali, come più volte precisato dalla giurisprudenza eurounitaria e da quella di legittimità, consistono, tra l'altro, nello scongiurare il rischio che la presenza sul mercato di soggetti la cui attività s'ispira a considerazioni diverse da quelle puramente economiche si traduca nell'alterazione del gioco della concorrenza tra gli operatori del settore."