Censura sulla centrale di committenza in house
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha censurato l’acquisto da parte di un Comune di una quota di partecipazione in una società, con funzioni di centrale di committenza, ritenendo la relativa delibera di Consiglio Comunale contraria all’art. 5, co. 5, 38 e 39 del D.Lgs. 50/2016 ed all’art. 2, co. 1 lett. c) e d) del D.lgs. 175/2016 (parere AGCM n. AS1790 del 06 maggio 2021,). L’Autorità evidenzia, in particolare, l’assenza di strumenti adatti a garantire effettivamente il controllo analogo congiunto in caso di una pluralità di enti soci.
Sulla questione, l’AGCM ha confermato quanto già in precedenza espresso sia dal TAR Lombardia, nella sentenza n. 240/2020, che dal TAR Campania, nella sentenza n. 1/2021, proprio in relazione alla società oggetto dell’attuale parere, evidenziando la non riconducibilità della stessa nel modello in house providing per l’assenza di un effettivo controllo analogo congiunto dei soci pubblici.
Due i richiami normativi:
- all’art. 3, comma 1, lett. i) del Codice dei contratti pubblici, che definisce quale centrale di committenza “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore che forniscono attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie”, con l’attività in oggetto che, come ricordato dall’Autorità, “può essere svolta, oltre che dai soggetti pubblici, anche da soggetti privati, ricorrendo tuttavia i presupposti per l’affidamento in house”;
- all’art. 5 del Codice dei contratti pubblici, che detta i requisiti necessari affinché possa configurarsi affidamento in house providing, il quale comporta l’esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici dell’applicabilità del Codice stesso.
In particolare, seppur la previsione di specifici patti parasociali e/o l’istituzione di appositi organi può consentire l’esercizio del controllo analogo congiunto anche in presenza di una compagine societaria frammentata e dispersa, nel caso di specie, l’Autorità ha ritenuto che l’articolazione dell’organo istituito per l’esercizio di tale controllo, composto da 3 membri a fronte di migliaia di soci, costituisca “elemento critico in termini di effettiva rappresentatività della volontà del complesso dei soci”.
Non di minore rilevanza il fatto che il controllo esercitato da tale organo sia sostanzialmente circoscritto al controllo concomitante, esercitato tramite la ricezione di report sull’andamento della società e dei servizi, e/o a quello successivo di verifica di resoconti periodici, “ex post rispetto all’attività di gestione”, senza l’effettiva possibilità di “influenzare le scelte strategiche ……. e … esprimere la volontà comune dei soci ai fini dell’assunzione di “determinazioni vincolanti per gli organi amministrativi”, considerato che l’attività di indirizzo si limita alla ricezione di documentazione sulle decisioni più rilevanti da parte della società”. In tal senso, venendo meno l’effettività del controllo preventivo, che consentirebbe ai soci di esercitare “congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società”, l’Autorità ha ritenuto venir meno anche l’esercizio in concreto del controllo analogo richiesto dalla legge.
In tal senso, in assenza dei presupposti per l’in house providing, è opinione dell’Autorità che la società in oggetto “non possa essere neanche affidataria in via diretta delle attività di committenza ausiliarie che, ai sensi dell’art. 39, comma 2, CCP” – Codice dei contratti pubblici – “possono essere affidate a prestatori di servizi previa procedura competitiva, a meno che si tratti di affidamento sotto-soglia ai sensi dell’art. 36, lett. a), CCP”.
Da ultimo, sempre con riguardo alle attività di committenza ausiliaria, AGCM osserva che, laddove il Comune di xxxxx intenda comunque affidare detti servizi ad xxxx consortile in via diretta e nel rispetto dei presupposti dell’art. 36 CCP, non possa essere richiesta l’erogazione di un corrispettivo da parte del concorrente aggiudicatario per la prestazione dei servizi di committenza ausiliaria, poiché quest’onere si ripercuote anche sull’offerta, in quanto “riduce la possibilità degli stessi concorrenti di formulare la propria proposta in maniera pienamente libera, incidendo sulla capacità di elaborare una proposta tecnica ed economica che sia concretamente espressione di scelte imprenditoriali vincolate unicamente dalle esigenze tecniche della stazione appaltante, dalla base d’asta formulata e dalle convenienze dello stesso concorrente” (v. Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, sentenza n. 1/2021).
Alla luce delle considerazioni che precedono, AGCM ritiene che la Deliberazione del Consiglio Comunale 51/2020 del Comune di xxxx viola gli articoli 5, comma 5, 38 e 39 del CCP, nonché l’art. 2, comma 1, lett. c) e d), del TUSPP.