Caro materiali: il problema IVA
L’Interpello dell’Agenzia delle entraten. 956-83/2022 ha confermato, senza apportare alcuna innovazione circa interpretazioni precedenti, che la somma che il Ministero eroga alle stazioni appaltanti per la compensazione sul "caro-materiale", a seguito di istanza delle imprese, non è rilevante IVA per assenza del nesso sinallagmatico.
E' però cosa ben diversa dall’affermare che non è dovuta l’IVA sulle integrazioni richieste dalle imprese esecutrici in applicazione dell’art 1-septies del decreto legge n. 73 del 2021, come lascerebbe sottendere la generica descrizione sul sito https://compensazioneprezzi.mit.gov.it/login.
Come già evidenziato nella nostra precedente news a tema, da più parti era arrivata l’indicazione che non dovesse applicarsi l’IVA tout court sulla compensazione in oggetto, anche con l'evidente finalità di evitare un aggravio di spesa in capo alle stazioni appaltanti.
Nella nota, l’Agenzia, dopo disamina della circolare 34/E/2013 e citando gli artt. 13 del DPR 633/1972 e 73 della Direttiva IVA, sulla base del contenuto del DM 73/2021 conclude che “Tenuto conto del descritto quadro giuridico di riferimento, si ritiene che l’erogazione delle predette somme non integri il presupposto oggettivo ai fini dell’IVA di cui all’articolo 3 del citato d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto non si ravvisa un rapporto di natura sinallagmatica; infatti, dette somme vengono erogate dal Ministero istante nei confronti dei soggetti di cui al richiamato articolo 1-septies, comma 7, del citato decreto legge n. 73 del 2021 (stazioni appaltanti), in assenza di alcuna controprestazione da parte di quest’ultimi e di alcun obbligo di effettuare prestazioni di servizi nei confronti dell’ente erogatore.”
Il problema è che l’oggetto del quesito era leggermente diverso, dato che il Ministero “… dovendo provvedere alla corretta corresponsione delle predette risorse del Fondo per la compensazione, chiede di conoscere, come peraltro alcune stazioni appaltanti” chiedeva “se gli importi derivanti dal calcolo della compensazione come indicato nella citata circolare n. 43362 del 25.11.2021 siano soggetti ad I.V.A. (e, in tal caso, se ad essi debba sommarsi, in via generalizzata, l’aliquota d’imposta prevista per l’esecuzione dell’opera pubblica, pari al 10%, ai sensi del numero 127-septies) della Tabella A, Parte III, del d.P.R. 633/72, ovvero una specifica e diversa aliquota) oppure se detti importi siano esclusi dal campo di applicazione dell’imposta” concludendo che “…a parere dell’Istante, non costituisce un riallineamento del prezzo contrattuale, bensì una sorta di indennizzo che il legislatore ha inteso riconoscere all’appaltatore nell’eventualità che intervengano le condizioni indicate dalla norma. Pertanto, intendendosi la compensazione una sorta di indennizzo, ovvero quale “contributo perequativo”, l’importo attestato dal direttore dei lavori e ammesso a compensazione dovrebbe essere escluso dall’IVA, ai sensi delle disposizioni di cui al citato d.P.R. n. 633 del 1972.”
Si voleva in sostanza chiedere la natura di tali somme, anche in rapporto alle imprese.
L’Agenzia, però, si sofferma solo sul primo rapporto, ovvero quello tra Ministero e stazioni appaltanti, che sono i beneficiari dei predetti trasferimenti concludendo, cosa peraltro scontata, sull’irrilevanza IVA dello stesso.
La risposta ha un doppio effetto.
Da un lato, non risolve chiaramente il problema dell’imponibilità IVA o meno delle somme nei rapporti tra Comuni e Ditte. Chi scrive ritiene che risulta difficile sostenere la non rilevanza IVA dell’integrazione, se non dando risalto alla sua natura “non corrispettiva” – atteso che l’incremento è parziale e non è determinato direttamente in contratto - ovvero risarcitoria in ragione dell’emergenza in corso.
Si tratta però di una ipotesi che, sulla base della prassi dell’Agenzia delle entrate, è limitata a casi decisamente residuali, in specie in presenza di un rapporto negoziale tra le parti. Non sembrano pertinenti richiami ad altri contributi considerati non rilevanti IVA in epoca Covid, quali la Risoluzione n. 22/E del 31 marzo 2021 in tema di contributi alle imprese di trasporto o anche le Risposte n. 219/2022 e 227/2022 in materia di remunerazione aggiuntiva per le farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di SSN durante l’emergenza Covid. Per queste ultime, peraltro, la motivazione dell’Agenzia delle entrate è stata riferita alla motivazione del provvedimento, che espressamente nella parte introduttiva faceva esplicito riferimento al sostegno alle imprese, connesso all'emergenza COVID 19. I decreto del 5 aprile 2022 menziona l’emergenza, così come il titolo del D.L. 73/2021. Nelle premesse si legge “Visto il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, recante «Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali» e, in particolare, l'art. 1-septies”… ma si tratta di un elemento che non è stato minimamente valorizzato nella risposta all’interpello del Ministero.
Dall’altro, stante appunto il meccanismo basato sulla quantificazione in base ai prezzi ministeriali, che non contengono l’IVA, impedisce il riconoscimento dell’IVA a valere sul fondo. Ove lo stesso operasse sulla base dell’istanze delle ditte, con una quantificazione “IVA compresa” , il problema potrebbe risolversi, con però una riduzione delle somme a disposizione.
Non resta che attendere chiarimenti ufficiali o la pubblicazione di ulteriori interpelli proposti direttamente da imprese o stazioni appaltanti.
Di per sé l’Agenzia non si pronuncia negativamente sull’irrilevanza IVA delle somme per le Ditte (non si pronuncia affatto), ma per contro, le imprese, in quanto soggetti passivi del tributo e responsabili della corretta fatturazione, hanno tutto l’interesse ad emettere fattura con IVA (peraltro in scissione dei pagamenti, quindi con oneri direttamente in capo alle amministrazioni) anche al fine di evitare sanzioni a loro carico.