Canone antenne, minore entrata per il Comune
Il DL 77/2021, all’art. 40 comma comma 5-ter, ha introdotto il nuovo comma, l’831-bis, alla legge 27 dicembre 2019, n.160 che dispone:
“831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all'indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all'articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82".
Secondo l’ANCI la nuova disposizione costituisce una sostanziale ed ingiustificata detassazione degli impianti in questione e comporta una significativa perdita di gettito per i Comuni, con evidenti disparità rispetto ad impianti siti su aree private.
La norma presenta inoltre elevati profili di criticità, che investono sia aspetti economici - determinati dalla previsione di un canone fisso di 800 euro, non modificabile dall’ente, che prescinde dalla superficie realmente occupata dall’impianto - sia aspetti amministrativi, che riguardano la necessaria perimetrazione della nuova previsione alle reti e infrastrutture che insistono solo sul patrimonio indisponibile dei Comuni, oltre che ulteriori criticità applicative che riguardano la decorrenza delle prescrizioni in essa contenute.
Si tratta di una nuova fattispecie di canone patrimoniale, “canone antenne” che si differenzia da quello dovuto per l’occupazione del suolo comunale con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità, disciplinata dal comma 831. La diversità è precisata in primo luogo dalla stessa nuova norma, laddove si prevede che il canone cd. “antenne” si applica alle occupazioni che “non rientrano nella previsione di cui al comma 831”, ovvero alle occupazioni che comunque riguardano suolo pubblico. Per quanto riguarda la differenza sostanziale tra le occupazioni disciplinate dai commi 831 e 831-bis, questa va ricercata nelle modalità di calcolo del canone dovuto. La quantificazione del canone per le occupazioni previste dal comma 831 è direttamente collegata al numero delle utenze, non considerate, invece, dal comma 831-bis. Militano in tal senso anche i precedenti normativi e giurisprudenziali. Con riferimento all’analoga fattispecie prevista dall’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, anch’essa direttamente collegata al numero di utenze finali, la Corte di Cassazione, ordinanza n. 23257 del 2020, ha ritenuto che la sua applicazione fosse possibile solo in caso di utenti finali, sicché in assenza di questa quantificazione, il canone doveva essere applicato sulla base dei metri lineari di occupazione.
Il nuovo canone antenne decorre dal 1° gennaio 2022. Tale assunto deriva da quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 831-bis, il quale individua nel 30 aprile di ciascun anno il termine di versamento del canone in questione, mentre la nuova previsione – contenuta nella legge di conversione del dl n. 77 del 2021, del 29 luglio 2021, n. 108 – è divenuta efficace alla metà del mese di agosto 2021.
Inoltre, la novità introdotta è intervenuta in un momento successivo rispetto al termine per l’approvazione delle tariffe del Canone Unico, coincidente con il termine di approvazione dei bilanci di previsione, il 31 maggio 2021 per la generalità gli enti, il 31 luglio 2021 per quelli che hanno fatto ricorso al Fondo anticipazione liquidità. Questa circostanza fa deporre per l'applicabilità della nuova disciplina a decorrere dal 2022, senza che possa emergere alcun diritto al ricalcolo o al rimborso dell’importo già versato entro il 30 aprile 2021, in quanto la retroattività della norma non è espressamente prevista, come non è prevista la correlata e necessaria copertura finanziaria.
Relativamente all’ambito di applicazione della norma in oggetto, si evidenzia come essa sia da considerarsi rivolta esclusivamente agli impianti localizzati in aree ricadenti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dell’Ente, alla luce dell’ormai pacifica applicazione dell’art. 93 del d.lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) solo al suolo demaniale o al patrimonio indisponibile, rinviando lo stesso alla disciplina della Tassa Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche (TOSAP) ovvero del Canone Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche (COSAP), ora riassorbite dal canone unico.
Di conseguenza, rimangono esclusi dall’applicazione del canone unico gli impianti posizionati su beni patrimoniali disponibili dell’ente, la cui presenza è regolata da contratti di locazione disciplinati dalle norme di diritto privato. Per tale tipologia di beni, infatti, la pubblica amministrazione si comporta alla stregua di qualsiasi soggetto privato e può, quindi, legittimamente prevedere il pagamento di un canone di locazione da parte del soggetto occupante il suolo pubblico, non trovando applicazione la disciplina del canone unico.