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"Buono mobilità" casa-lavoro: fringe benefit tassabile per i dipendenti

L'erogazione dei "buoni mobilità" - definiti dal D.M. n. 208 del 2016 come: il "riconoscimento, a fronte dell'utilizzo di modalità di trasporto sostenibile quali piedi, bicicletta, trasporto pubblico locale, car sharing, car pooling in sostituzione dell'auto privata, di voucher prepagati validi per l'acquisto di beni e servizi connessi allo sviluppo di forme di mobilità sostenibile quali biciclette, abbonamenti di car sharing o bike sharing, titoli di viaggio sul trasporto pubblico locale, contribuzioni all'abbattimento del costo annuale dell'abbonamento al trasporto pubblico locale, riconoscimento di incentivazioni accessorie allo stipendio proporzionate ai km percorsi con modalità di trasporto sostenibile" - da parte di alcuni enti locali ai propri dipendenti che, volontariamente e nell'ambito di un progetto di mobilità alternativa, aderiscono all'iniziativa per individuare nuove modalità per gli spostamenti casa-lavoro, non rientrano nelle esenzioni tassativamente previste dall'art. 51 del TUIR, in particolare al comma 2 lettere d) e d-bis) del TUIR. Di conseguenza, per il principio di onnicomprensività, che attrae nel reddito dal lavoro dipendente tutte le somme che il dipendente consegue in relazione al rapporto di lavoro, il buono va tassato come "fringe benefit".

Lo chiarisce la Risposta n. 293/2020 dell'Agenzia delle entrate, data ad una Città Metropolitana, capofila di un progetto di 16 Comuni, partecipanti al progetto "Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro".

Non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi delle lettere d) e lett. d-bis) del comma 2 del citato articolo 51 del TUIR, rispettivamente: «le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici» e «le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest'ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l'acquisto degli abbonamenti per il trasposto pubblico locale, regionale e interregionale, del dipendente e dei familiari indicati nell'art. 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo art. 12».

Con i "buoni mobilità" il dipendente, nel caso di specie, non fruisce di un servizio di trasporto per il tragitto casa-lavoro-casa, né di somme per l'acquisto di un abbonamento per il trasposto pubblico locale, regionale e interregionale, bensì beneficia di un valore economico corrisposto dal datore di lavoro di euro 0,25/km, con un tetto massimo all'importo del "buono mobilità" di 50 euro/mese.

L'Agenzia evidenzia, comunque, che ai sensi del comma 3 ultimo periodo del medesimo art. 51 TUIR: «Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito».

Il limite riguarda, però, tutti i benefits che il lavoratore riceve, al netto di quanto corrisponde per i beni e servizi fruiti, di conseguenza, non è sufficiente che il valore annuo del "buono mobilità" che si intende erogare ai propri dipendenti non superi, di per sé, l'importo di euro 258,23, dal momento che la norma richiede che tale soglia non venga superata con riferimento all'insieme di tutti i beni e servizi di cui il lavoratore ha fruito a titolo di fringe benefit nello stesso periodo d'imposta, tenuto conto di tutti i redditi percepiti. Qualora il valore dei fringe benefits, complessivamente erogati nel periodo d'imposta, superi il citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.