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"Buono" casa-lavoro in bici escluso da Irpef

Un "buono mobilità", erogato da parte di un Comune ai lavoratori dipendenti di aziende ed enti pubblici e privati con sede di lavoro nel territorio dello stesso, è un contributo con finalità generale, che non trova la propria origine e giustificazione nel rapporto di lavoro dipendente in essere tra il beneficiario e il datore di lavoro (quando coincidente con l'Ente erogatore), bensì nella promozione da parte dell'amministrazione comunale di "comportamenti virtuosi dei cittadini e degli spostamenti sistematici casa-­lavoro, coerenti con obiettivi di sostenibilità ambientale".

La circostanza che tra questi possano rientrare anche i dipendenti del Comune che eroga non ne modifica la natura di interesse generale quale incentivo chilometrico alla mobilità sostenibile.

Detto contributo, dunque, non configurandosi quale emolumento in denaro offerto al dipendente in relazione al rapporto di lavoro, non è riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati di cui agli articoli 49 e 50 del Tuir, né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dall'articolo 6 del medesimo Testo Unico.

Ne consegue, pertanto, che non costituendo reddito di lavoro dipendente l'importo del buono mobilità non rileva ai fini del calcolo del limite previsto di cui al comma 3 dell'articolo 51 del Tuir, che regola i c.d. "fringe benefits".

Lo chiarisce la Risposta n. 274/2023 dell'Agenzia delle entrate.

Si trattava, nel caso di specie, di "buoni mobilità", a valere su una disponibilità di fondi assegnati al Comune dalla Regione, che raggiungere l'importo pro-­capite massimo di euro 40 mensili, e vengono riconosciuti a tutti i cittadini che partecipano all'iniziativa, con bonifico periodico all'IBAN indicato dagli stessi cittadini lavoratori in sede di registrazione alla piattaforma di monitoraggio degli spostamenti in bicicletta. Il dubbio dell'istante era se tale contributo potesse concorre al limite dell'art. 51 c. 3 del TUIR ovvero come beni ceduti o servizi prestati ai dipendenti che non concorrono a formare il reddito nei limiti previsti dall'articolo 51, comma 3, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), con conseguenti riflessi sull'importo massimo del rimborso per il pagamento delle utenze domestiche per l'anno 2022 - erogato dal medesimo datoare di lavoro - tenuto conto del limite complessivo di euro 600 di cui al decreto legge n. 115 del 2022 (successivamente innalzato a euro 3000 dall'articolo 3 del decreto legge 17 novembre 2022, n. 176).