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Bonus edilizi: MEF valuta lo stop all'acquisto dei crediti fiscali da parte degli enti locali

A seguito della procedura posta in essere dalla Provincia di Treviso e l'interesse manifestato da alcune Regioni e grandi comuni per la possibilità di acquistare i crediti fiscali legati agli interventi edilizi per utilizzarli in compensazione con i propri debiti fiscali, il MEF starebbe valutando di porre un freno, per via del difficile inquadramento di tali operazioni nell'attività e nei bilanci degli enti locali.

L'acquisto potrebbe essere qualificato come indebitamento, quindi ammesso in forma limitata. Inoltre, potrebbe contrastare con i principi del pareggio di bilancio e con le competenze legislative attribuite allo Stato. Non da ultimo, gli enti locali si esporrebbero ai rischi legati al sequestro dei crediti stessi, come affermato dalla Corte di Cassazione in caso di frode.

Il problema dell'incagliamento dei crediti derivanti dalle operazioni di ristrutturazione e riqualificazione, nonché del superbonus - che potevano essere ceduti, in alternativa alla fruizione diretta, alle imprese esecutrici sotto forma di sconto in fattura e da questi ad altri soggetti, in primi alle banche - è un tema delicatissimo, sulla quale anche ANCE ha chiesto di non bloccare le iniziative delle Regioni o degli enti locali per evitare o arginare la crisi di liquidità che ha colpito il settore e che sembra essere di difficile soluzione (viste anche le cifre esorbitanti di cui si tratta: 99,4 miliardi di euro di crediti relativi ai bonus edilizi. Quelli relativi al superbonus ammontano a 52,1 miliardi di euro).

Ricordiamo che la possibilità di acquistare crediti fiscali ed utilizzarli in compensazione (anche se non direttamente soggetti ad imposta IRES), è stata espressamente ammessa dall'Agenzia delle entrate, in particolare nel caso in cui l'ente si qualificasse come locatore di immobili (v. anche nostre news del 2020 e la Risposta n. 153/2022).

Tuttavia, non può sottacersi che l'acquisto generalizzato di crediti fiscali da parte di pubbliche amministrazioni per utilizzarli in compensazione con le proprie imposte, se da un lato può essere una soluzione che consente lo smobilizzo dei crediti ed un risparmio per gli enti (legato alla differenza tra l'importo nominale del credito e la percentuale al quale è acquistato), non è una operazione che, di per sé, può ritenersi una attività strumentale al perseguimento di proprie finalità istituzionali, quanto più una operazione di finanziamento delle stesse, peraltro rischiosa nella misura in cui il credito non sia garantito.

Tale garanzia non può che essere fornita da un istituto di credito che faccia da intermediario, rendendo comunque l'operazione complessa, tale da non essere affrontata singolarmente dai comuni, specie minori, che dovrebbe essere inquadrata in un contesto più ampio e sicuro per la finanza pubblica locale.

E' quindi auspicabile non tanto lo sblocco, posto che potrebbe giovare al sistema nel suo complesso, quanto una sua regolamentazione o inquadramento a fini contabili e fiscali.