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Assimilazione rifiuti, rischio illegittimità della delibera

Con Ordinanza del 9 novembre 2021, n. 32603, la Corte di Cassazione ha stabilito che la deliberazione comunale di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani risulta illegittima se non contiene anche l’indicazione del quantitativo massimo assimilabile.

L’esigenza dell’indicazione di qualità e quantità è esplicitata nel Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21 che, nel definire le competenze del Comune, al comma 2, lettera g), fa riferimento ad una "assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento".

Nella decisione dei giudici della Suprema Corte si legge, altresì, che ”Predeterminare se un rifiuto è assimilabile o meno per qualità e quantità è dunque accertamento preliminare indispensabile, inquanto, nel caso in cui la potestà di assimilazione attribuita dalla norma di legge ai Comuni sia stata correttamente esercitata, il contribuente non potrà mai beneficiare di una esenzione totale dal tributo, sebbene l'intera superficie imponibile sia produttiva di rifiuti assimilati e si avvalga per l'intero dello smaltimento; in tal caso infatti avrà solo diritto ad una riduzione della tariffa, prevista dall'articolo 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, articolo 7, comma 2.

Nell'ipotesi, invece, in cui l'assimilazione non sia stata legittimamente disposta dall'ente locale, per violazione del criterio qualitativo, o anche per l'omessa previsione dell'ulteriore criterio quantitativo, non si rientrerà nel campo di operatività' del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21 ma, previa disapplicazione della Deliberazione comunale illegittima per contrasto con il Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21, comma 2, lettera g), dovrà trovare applicazione solo la pregressa disciplina che in tema di rifiuti speciali prevedeva al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3, la possibilità di una esenzione o riduzione delle superfici tassabili.”

Doveroso sottolineare, pertanto, che tale ordinanza è applicabile fino alla fine dello scorso anno, in quanto i Comuni avevano il potere di assimilare i rifiuti delle attività economiche, speciali per natura, ai rifiuti urbani. Occorreva attenersi ai criteri qualitativi stabiliti nella delibera interministeriale del 27 luglio 1984 che indicava le tipologie di sostanze assimilabili. La delibera comunale doveva, inoltre, indicare i limiti quantitativi massimi di rifiuti assimilati che il servizio pubblico era in grado di gestire, fissati sulla base delle capacità tecniche del servizio stesso.

Tale ordinanza non comporta interventi e/o attenzione per l’annualità 2021, in quanto la vigente disciplina in materia di TARI (modificata dal Dlgs. 116/2020) non prevede la tripartizione di rifiuti urbani, speciali e assimilati. Infatti, la categoria dei rifiuti assimilati non esiste più.